Posto che esistono lingue vive e lingue morte, lingue ufficiali e lingue ufficiose oltre, naturalmente, a una pletora di dialetti, si può affermare che, al mondo, i codici di comunicazione non mancano. Ce ne sono anche troppi, se vogliamo, e le lingue, anche nella nostra Europa così ricca di Storia e povera di reciproca comprensione, a volte costituiscono l’ostacolo e non il mezzo con cui aggirarlo. Qualcuno - nel nostro caso un linguista tedesco dall’improbabile nome di Thorsten Pattberg - propone, o forse prevede, una “lingua globale” grazie alla quale l’umanità possa finalmente armonizzare le sue differenze.
Chiave del discorso è la constatazione che «chi possiede il linguaggio possiede la conoscenza». Pattberg propone un esempio: «Quando San Girolamo tradusse la Bibbia dall’ebraico al latino decretò la fine dell’ordine mondiale ebraico così come la traduzione in tedesco da parte di Martin Lutero aprì la strada a un nuovo assetto politico».
Il linguaggio, insomma, impone la cultura. Nel consegue che per avviare un incontro tra culture dovremmo per prima cosa costruire un linguaggio che riesca ad assorbire tutti i linguaggi. La buona notizia è che questo linguaggio esiste già. L’inglese, lingua dominante degli ultimi decenni, è in realtà un’immensa spugna che, priva di timidezze e insensibile alle lagnanze dei puristi, continua a inglobare lemmi estranei. L’italianissima “pizza”, così come gli “spaghetti” e il “cappuccino” sono oggi accolti a pieno titolo nei dizionari Oxford e considerati “inglesi” quanto la Regina e il roast beef. «Una tendenza, questa» dice Pattberg, «molto positiva: pensate a quanto più bello, autentico, sofisticato e accurato potrebbe essere il mondo se solo tutti potessimo comprendere a fondo le parole-chiave delle altre culture». In altre parole: il sogno del multiculturalismo declinato sul terreno linguistico. Facile prevedere che, come accade in politica e in economia, il progetto troverà tanto sostenitori appassionati quanto detrattori implacabili. Le parole per discuterne non mancheranno. Quelle per comprendersi a vicenda, sì.
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