Manuel in bicicletta

Ospite della cena aziendale di Natale Castagna, un imprenditore geniale che gli dà un metro a tanti presunti Marchionne de ‘nartri, mi è capitato di conoscere l’ospite d’onore della serata, Manuel Estiarte. E' stato il Maradona della pallanuoto, per chi non lo sapesse, che dopo aver vinto tutto in piscina ha fatto il dirigente del Barcellona, accanto al suo amico d’infanzia Pep Guardiola del quale ha seguito – con un solo minuto di ritardo, of course – il destino delle dimissioni.
Vi chiederete che cosa c’entra un personaggio così con un blog che racconta di ciclismo. L’ho fatto anch’io, in realtà, ma soltanto per una manciata di secondi. Mentre lo ascoltavo, insieme ad altre 300 fortunati, mi sono detto che una persona così potrebbe parlare persino di carling – quello strano ferro da stiro che scivola sul ghiaccio mentre tante aspiranti casalinghe scopettano di buona lena – dando comunque una lezione.
Se volessimo brutalizzare il concetto, potremmo dire che Estiarte è un “motivatore”, brutta parola per dire che è un uomo (prima che uno sportivo) capace di trarre il massimo da ogni campione. In una logica di gruppo. Concetto applicabile anche al ciclismo, che sembra lo sport individuale per eccellenza e invece no, se non hai un gregario davanti a prendersi il vento in faccia puoi anche fare a meno di correre.
Ebbene, Estiarte mi ha raccontato storie di spogliatoio e di uomini, dei campioni alla Leo Messi capaci di piangere per una partitella andata male, dei grandi capitani che hanno vinto 14 titoli su diciotto in quattro anni e che però sono ancora capaci di parlare ai compagni con il cuore in mano. E mi ha parlato dei campioncini che verranno, frutto di un lavoro che nei nostri settori giovanili neppure si sognano e, naturalmente, di Guardiola, amico di infanzia che l’ha chiamato da Pescara dove si trovava a carriera conclusa e l’ha voluto al suo fianco anche se il pallone, lui, l’aveva visto solo in piscina. Ma non conta perché il grande sport, è solo una questione di dimensioni mentre il finale è sempre quello: c’è un trofeo da vincere. Nuotando, calciando un pallone o, com,e nel nostro caso, pedalando.
La cosa che colpisce di più, in uno sportivo di tal fatta, è la scelta delle parole. Che non sono mai vittoria, coppa, soldi… Ma, piuttosto, etica e valori, ripetuti come un mantra ed evidentemente inculcati in ragazzi di vent’anni – non dimentichiamocelo mai – cresciuti con l’ossessione di essere numeri uno. Senza neppure porsi il problema che un simil destino è per pochi e non tutti ci arrivano dalla strada principale, articolata in tre sole parole: talento-sacrificio-merito.
Una bella storia di vita, insomma, che vale più di cento chilometri di allenamento decemebrino al freddo. L’unico rammarico è non poter fare il mio mestiere, ovvero dirvi dove andrà ad allenare il prossimo anno Pep Guardiola. Estiarte lo sa perfettamente, mi ha detto che ci stanno già lavorando, che non resteranno in Spagna ma quel nome non l’ha fatto. Di certo, ha chiosato, non è una questione di soldi: uno che ha giocato nel Barcellona e che non si è fatto scrupolo di andare a Brescia solo per giocare insieme a Roby Baggio, credete che si faccia lusingare da una valigetta di valuta pregiata?
Già. Meno male che noi abbiamo Conte che un po’, capelli trapiantati a parte, gli somiglia… E che gli altri si arrangino.
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