Pedala che ti pedala

Pedala che ti pedala

Pedala che ti pedala siamo sempre lì, alla stupidissima guerra tra poveri. Come se ciclisti – della domenica o dei giorni feriali, che differenza fa? – e automobilisti non fossero due facce della stessa medaglia, vittime degli stessi problemi. Invece di premere sulle istituzioni, uniti come un esercito che in movimento lo è per definizione, passano il loro tempo ad affondare il coltello nel mare magnum dei luoghi comuni.
Non me ne voglia l’interessato, ma la scorsa settimana è arrivata in redazione la lettera di quello che si definisce un automobilista monzese e che, partendo dall’iniziativa sui ciclisti da salvare, rilancia la solita solfa. Non usano le piste ciclabili dove ci sono, vanno per le strade strette in contromano, mettono i sacchetti e gli ombrelli sul manubrio, attraversano gli incroci con il semaforo rosso e, per riassumere con la scontatissima espressione cui si è affidato per non sbagliare, affrontano la strada come se a loro fosse tutto dovuto. Ammette, bontà sua, che ci sono situazioni difficili – sic – come l’incuria del fondo stradale, la mancanza di segnaletica negli attraversamenti, la scarsa educazione stradale degli automobilisti ma, ai suoi occhi, sono peccati veniali davanti alla fantascientifica ambizione dei ciclisti di muoversi in bicicletta. Pensa un po’…
Tutto troppo facile, tutto troppo scontato. Come buttare – se vogliamo rimanere nel campo del populismo più spinto – una banconota da 50 euro in un convegno di partito e poi scommettere che non toccherà terra.
La realtà è ben diversa. Ci saranno ciclisti incoscienti e ciclisti indisciplinati, ovviamente. Così come si potrebbe dire lo stesso degli automobilisti che ascoltano la radio, stanno al telefonino, credono che alle rotonde la precedenza sia sempre loro. Insomma, ognuno dovrebbe rispondere delle cose sue. Altrimenti potrei facilmente ribattere, per smontare il castello, che io accendo le luci anche di giorno, che non porto sacchetti della spesa e neppure gli ombrelli perché quando piove vado in macchina, che quando il semaforo è rosso e dall’altra parte arriva un’auto, slaccio persino i pedalini perché non ho l’ambizione di farmi arrotare gratis. Ma, alla fine di tutto, resterebbe la domanda, con la consonante resa celebre da Crozza Formigoni: “E allorrrra?”.
La vera battaglia è personale e far fagotto di tutto è una leggerezza. Una cosa dovrebbe essere chiara, per tutti. Le istituzioni, anziché triturarci la pazienza con i grandi scenari planetari, dovrebbero semplicemente investire nell’arredo urbano delle loro città i soldi che usano per consulenze, i foraggiamenti vari, i corsi da mi manda Picone, le grandi opere dalla parcelle a sei zeri. Affinché ognuno possa esercitare in pace il suo diritto di spostarsi. In auto, in moto e, pensate un po’, persino in bicicletta.
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