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Martedì 05 Ottobre 2010
Como, mostra di Rubens
riesplode la guerra dei conti
Il lumbard Dario Bianchi: «Nessuna richiesta di contributi alla Provincia». Ma Gaddi: «Non si trovino cavilli. Dopo 7 anni fa francamente ridere che ci si accorga che c'è una mostra alla quale si è sempre contribuito e cio vale sia per alcuni sponsor pubblici che per alcuni privati»
Il punto di partenza è sempre lo stesso, cioè i conti. All'appello mancano infatti circa 180mila euro: 50mila della Fondazione Cariplo (che ha contestato dicendo di non aver mai ricevuto richiesta di contributo e che accetta solo richieste scritte, non verbali), A2A (20mila euro), la variazione sulle detrazioni Iva ha inciso per 45mila euro e vanno poi conteggiati maggiori costi in uscita per il personale di guardia nelle sale (pari a 20mila euro) e ulteriori 20mila euro non versati dal Credito Valtellinese. C'è anche l'amministrazione provinciale: invece dei 50mila euro previsti, Villa Saporiti ne ha garantiti solo 35mila, oltre ad alcuni sponsor minori.
«Considerato il fatto che, a partire da gennaio 2010, nessuna richiesta di finanziamento a sostegno dell'evento è mai giunta al servizio provinciale di riferimento, spontaneamente ci si chiede come la Provincia di Como possa erogare un contributo economico senza aver previamente valutato la mancata richiesta - tuona Bianchi - e inoltre più volte da assessore, in sinergia con altri assessori provinciali, ho cercato di definire un maggiore coinvolgimento della stessa amministrazione non solo a livello economico, ma altresì quale attivo soggetto nell'ambito dell'organizzazione e realizzazione delle grandi mostre, senza però mai ottenere alcun responso da parte dell'assessore Gaddi».
Secca la replica dell'assessore alla Cultura di Palazzo Cernezzi Sergio Gaddi: «Al di là della questione evidentemente tecnica del rapporto burocratico tra uffici è del tutto evidente che dopo 7 anni fa francamente ridere che ci si accorga che c'è una mostra alla quale si è sempre contribuito e cioè vale sia per alcuni sponsor pubblici che per alcuni privati e che si eccepisca qualche strano cavillo burocratico tre mesi dopo la chiusura e dopo quattro mesi di esposizione del logo».
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