Minacce alla giunta, Sangiorgio assolto

Proiettile agli ex assessori, ci sono voluti sette anni per una sentenza

Como

Ci sono voluti quasi sette anni per sapere che Gaetano Sangiorgio, ex proprietario del bar Pura Vida di viale Geno, e il coimputato Ioan Donea, rumeno, non hanno nulla a che fare con le minacce ricevute nel gennaio 2008 agli allora assessore Fulvio Caradonna e Diego Peverelli, destinatari all’epoca di un proiettile in busta chiusa.

Il processo chiude senza colpevoli una pagina infuocata di storia cittadina. Erano gli albori del progetto per le paratie, e la Procura ritenne che Sangiorgio, fratello di Egidio Sangiorgio - proprietario del battello gelateria che proprio il cantiere contribuì ad affossare (peraltro senza che il Comune abbia mai risarcito il suo titolare con un centesimo di indennizzo) avesse più di una buona ragione per nutrire risentimento nei confronti della giunta. L’imputato, d’altra parte, non ha mai fatto mistero di essere tutto meno che un fan degli assessori, ma ha sempre negato di avere fatto ricorso a minacce. Assistito dall’avvocato Arnaldo Giudici, lo ha ribadito anche ieri, al termine del processo: «Quello che ho da dire, lo dico in faccia... Non mi sogno né mi sono mai sognato di ricorrere a minacce anonime».

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