Yara: la moglie difende Bossetti
«Se colpevole sarebbe già crollato»

Marita Comi ci riprova, e torna in tv a difendere il marito Massimo Bossetti, per il quale la Procura di Bergamo ha chiesto il rinvio a giudizio per l’omicidio aggravato della tredicenne Yara Gambirasio

Marita Comi ci riprova, e torna in tv a difendere il marito Massimo Bossetti, per il quale la Procura di Bergamo ha chiesto il rinvio a giudizio per l’omicidio aggravato della tredicenne Yara Gambirasio e per calunnia ai danni di un collega di lavoro. Spiega che se fosse colpevole sarebbe crollato subito e aggiunge di essere ’’ancora più convinta che non sia stato lui’’.

A Matrix, intervistata da Luca Telese torna su quel 26 novembre del 2010, quando Yara scomparve dalla palestra di Brembate di Sopra per essere trovata uccisa tre mesi dopo. “Non ricordo l’orario, sono sicura che era a casa, per noi era un giorno come un altro - racconta -, noi facciamo una vita molto abitudinaria”. Durante un colloquio in carcere intercettato, la donna aveva accusato il marito, in cella dal 16 giugno scorso, di raccontare delle “balle”, come quella di avere un tumore. Marita lo aveva sottoposto a un vero e proprio interrogatorio e ora spiega che “quelle balle erano riferite al lavoro e non avevano nulla a che vedere con il delitto. E’ vero che ha esagerato, ma erano rivolte al lavoro per poter avere giornate libere e poter fare altri lavori”. “Il problema - sottolinea - era il fattore economico, erano sempre in ritardo a pagarlo, sempre nello stesso cantiere”.

La madre di Bossetti, Ester Arzuffi, continua a dire di non avere avuto rapporti con l’autista di autobus, Giuseppe Guerinoni. “Avevamo sempre creduto a lei - spiega Marita -, fino a quando abbiamo fatto gli esami nostri, privati e Massimo continua a essere molto legato a lei”. I riferimenti a possibili turbe sessuali di Massimo da adolescente contenute negli atti e riferite da alcuni testimoni non le interessano. “Massimo è un uomo normale - assicura -, e quello che è accaduto prima non mi riguarda”. Marita ha letto gli atti dell’inchiesta: “ho letto gli atti, le chiusura delle indagini, ogni due pagine parlano di me, delle mie intercettazioni, e io sono qui per dimostrare la mia verità’’. ’’Sapevamo benissimo che eravamo intercettati - aggiunge -, dopo aver fatto gli interrogatori mi hanno fatto vedere le foto di un furgone. Io ne ho riconosciuta una: io insisto quando non sono convito e io sono ancora più convinta, dopo quel colloquio che non è stato lui”.

La moglie del muratore, che da lui ha avuto tre figli, è convinta che, se fosse stato suo marito non ce l’avrebbe fatta a tenerselo dentro. “Conoscendo il suo carattere penso che avrebbe ceduto al primo interrogatorio, anche con me. Io - prosegue - ho insisto per saper la verità. Penso che sarebbe crollato perché non si tiene la cose”. E spiega la frase, intercettata in carcere, a proposito del “campo bagnato” in cui fu trovata Yara dicendo che “gli avvocati ci avevano raccontato tutta la storia. Non sapeva assolutamente perché c’era in quel campo, erano tutte cose che ci sono state dette”. Marita, camicia bianca, sorriso teso, ci prova e si mette in gioco nuovamente per difendere il padre dei suoi figli che il 27 aprile dovrà affrontare l’udienza preliminare con accuse da ergastolo. Anche nel dibattito coi giornalisti: “Voi - chiede - che cose avreste fatto al posto mio?”

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