Cultura e Spettacoli
Venerdì 11 Novembre 2011
Brianza, profilo storico
di un giardino "ferito"
La pubblicazione di "Il paesaggio e l'uomo" conclude la "Storia della Brianza" avviata nel 2005 da Cattaneo Editore e uscita con la periodicità di un titolo all'anno. Ai sei volumi che compongono l'opera, di oltre tremila pagine, hanno collaborato sessanta studiosi delle più svariate discipline, in una analisi che abbraccia il più ampio ambito di ricerca. Artefice del piano generale fu negli ultimi anni della sua vita il professor Giorgio Rumi, il quale suggerì l'impostazione poi sviluppata da ciascun curatore nella specificità del proprio ambito.
di Tiziano Casartelli
Questa "Storia della Brianza" giunge a quasi quarant'anni di distanza da un'analoga opera de Il Polifilo, ma la Brianza che si profila in questo primo scorcio di millennio è una regione completamente diversa da quella degli anni Sessanta del secolo scorso, una regione di cui si potrebbe persino dubitare l'esistenza, ripartita e frammentata com'è oggi in quattro distinte province, ciascuna delle quali inevitabilmente preoccupata di richiamare a sé il territorio di propria competenza. Questa eccessiva suddivisione amministrativa riconduce all'infinita discussione sui suoi confini, quell'indeterminatezza mai definitivamente risolta che si sovrappone alla mancanza non solo di una "capitale", ma pure di un capoluogo riconosciuto nel quale l'intera regione briantea possa identificarsi, e che rende questo territorio oltremodo complesso e problematico.
Non sarà tuttavia una questione di confini a definire l'essenza della Brianza, bensì un comune patrimonio di cultura, specificità, e inesauribile varietà, che i sei tomi analizzano nei suoi tratti distintivi. A questa dimensione va aggiunto un altro aspetto della realtà briantea che, come osserva Edoardo Bressan nell'introduzione al primo volume dedicato a "Storia e politica", «rappresenta un laboratorio di innovazioni e di idee che non si è mai fatto assorbire da un grande polo di attrazione come Milano». Al centro delle ricerche del volume dedicato al paesaggio, a cui hanno collaborato 16 autori, è il rapporto tra l'ambiente naturale e la presenza umana, rapporto che caratterizza questo contesto fortemente antropizzato. Un territorio che occupa il 4% della superficie lombarda, ma sul quale vive il 15% della popolazione della regione, ovvero un milione e mezzo di abitanti. «Il paesaggio e l'uomo» esamina le trasformazioni operate dalle varie generazioni attraverso l'uso agricolo del suolo, la realizzazione della fitta rete infrastrutturale, lo straordinario sviluppo manifatturiero di cui questo territorio è stato, e continua a essere, teatro.
Ciò che tuttavia distingue la Brianza contemporanea da quella degli anni Sessanta è lo stravolgimento degli scenari ambientali. Sino a quel momento era ancora quella frequentata da Carlo Linati e Ugo Bernasconi, da Carlo Emilio Gadda e Luigi Santucci; era persino più vicina ai quadri paesistici descritti e amati da Stendhal e raffigurati da Carolina e Federico Lose, piuttosto che a quella che oggi si presenta al nostro sguardo. Il paesaggio della collina briantea, per secoli caratterizzato da un'interminabile successione di campi coltivati, fasce boscose, borghi, ville sontuose e dimore contadine isolate, ha subito la frattura più profonda tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta del secolo scorso. Da quel momento, in nome di un rivolgimento economico che l'avrebbe trasformata in una delle più ricche regioni d'Europa, la Brianza ha deliberatamente rinunciato alle bellezze del proprio paesaggio.
Dopo mezzo secolo di incessante espansione edilizia questa terra sembra oggi indifferente alla propria storia, incapace di programmare il futuro, attenta soltanto al godimento del presente. È triste ammetterlo ma questa trasfigurazione ha ormai investito anche quelle aree che, in un primo momento, avevano custodito gelosamente le proprie connotazioni ambientali. Luoghi dai quali in molti casi sembra escluso ogni senso di decoro civile, di dignità e di gusto, persino estranei all'immagine della propria storia. Lo sconvolgimento del paesaggio della Brianza, che il sesto volume dell'opera di Cattaneo Editore rileva in tutta la sua dimensione, è la diretta conseguenza dell'idea che il consolidamento del nostro benessere richieda inevitabilmente una continua espansione edilizia, nonché la rinuncia al valore estetico espresso dal paesaggio storico, alla sua secolare bellezza, all'ordine e alla qualità dell'ambiente precostituito con le sue stratificazioni secolari. Il benessere parrebbe bastare a sé stesso, supplendo, almeno apparentemente, a ogni ulteriore necessità dell'animo umano.
Come Saturno che divora i suoi figli, la regione briantea inghiotte voracemente sè stessa, tornando poi a restituire scenari irriconoscibili, devastati da una fascia di urbanizzazione che deflagra in ogni direzione, una crosta del tutto indifferente alla natura del contesto originario. Il territorio è così inteso come un bene da sfruttare, anziché come la secolare stratificazione di valori civili da rispettare e salvaguardare per il bene di tutti, e in primis a vantaggio delle generazioni future. A fronte di questa situazione appare sempre più urgente salvare la parte residua del paesaggio, tornando a considerarlo come qualcosa di elevato in tutta la sua complessità di significati, in quanto il nostro patrimonio ambientale non è un'entità astratta cresciuta spontaneamente, ma è stato bensì modellato da un processo secolare portato a compimento dal lavoro incessante di intere generazioni di uomini. A questa nuova "Storia della Brianza" spetta dunque il compito di rammentarci i valori civili, sociali e religiosi racchiusi nei grandiosi scenari di quest'angolo di Lombardia.
Il progetto culturale, prima ancora che editoriale, attuato da Paolo Cattaneo con l'insostituibile ausilio di Fabrizio Mavero, si completa con un compendio distribuito insieme al sesto volume, che contiene una cronologia comparata degli avvenimenti storici, artistici e sociali, e una scheda dettagliata di ciascuno dei 154 comuni che compongono la Brianza odierna. A coronamento dell'opera è stata pubblicata una nota conclusiva del cardinale Gianfranco Ravasi, una preziosa testimonianza di uno dei figli più illustri della Brianza, che da sempre considera questa terra come «una casa materna da conoscere e da amare».
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