Giovane lasciato a casa
e sostituito da due tirocinanti
«Il decreto peggiora le cose»

La storia di Brian Pili di Rovellasca, impiegato in un’azienda del settore tessile «Come apprendista costavo troppo: i nuovi guadagnano 700 euro al mese»

Sostituito sul posto di lavoro da due ragazzi, due tirocinanti. Una storia che non è rara ai nostri tempi, ma che colpisce per il lavoratore che è stato messo da parte, o meglio per la sua età: 26 anni. Insomma, non il solito (e non per questo meno triste) caso di chi ha qualche capello bianco e magari non è considerato al top perché non padrone delle più moderne tecnologie. «Mi sono sentito – confessa Brian Pili, di Rovellasca, ieri al patronato della Cgil per la Naspi – come un cinquantenne, perché di esperienze simili ne sentivo raccontare, ma appunto da persone con parecchi anni più di me». Un giovane, indiscutibilmente, che per un’azienda è parso già vecchio?

La situazione del comasco non è legata di per sé a quanto accaduto al decreto dignità, anche perché il suo contratto era in essere da tre anni ed era di apprendistato. Tuttavia si inserisce in questo dibattito, segnato dai timori di chi intravede un pericolo: i mancati rinnovi dei contratti e il ricorso ad altre tipologie di assunzione, meno vincolanti.

Il fatto non si è verificato dalle nostre parti, perché il rapporto di lavoro in questione era con un’azienda di Prato, che si occupa di vendita al dettaglio di abbigliamento e articoli sportivi. Il contratto di customer service non gli è stato rinnovato dopo tanto investimento di esperienza.

«Non hanno tenuto me, che ero un apprendista – afferma – e hanno preso due ragazzi, con 700 euro al mese. Che comportano molte meno spese, visto che sono tirocinanti». Questo non era stato il suo primo impiego, perché Pili, grafico pubblicitario, ha in realtà iniziato molto presto a lavorare e lontano da Como. Altro che ragazzi fissati sul comodo posto sotto casa, lui si è trasferito in Toscana. Spiega come non si sia mai tirato indietro di fronte a un lavoro: «Ho fatto di tutto, dal cantiere al call center. Sono stato anch’io tirocinante, per un’altra azienda. Ho lavorato come commesso». Si è trovato questa occasione lavorativa, che gli piaceva e gli offriva speranze per il futuro. Infrante rapidamente in questa stagione così particolare per il lavoro: con una congiuntura più favorevole, ma scossa dal tam tam sul decreto e sull’incertezza che si crea.

Morale, per lui quest’estate ha rappresentato una secchiata di acqua gelida, per niente refrigerante. Dopo tanti anni di autonomia, è dovuto tornare a casa. Il primo luglio l’impresa gli ha chiesto di parlare, annunciando un ripensamento, poi ha l’ha tenuto per altri 20 giorni, regolarmente pagati, infine è stato addio.

Ieri il giovane di Rovellasca si trovava al patronato della Cgil di Como per sbrigare tutta la procedura relativa alla Naspi, poi è corso al Centro per l’impiego.

Missione possibile, trovare un’altra opportunità, meglio se proprio nel settore in cui era cresciuto in questi anni: «Sono già formato, sono pronto a fare il commesso come tutt’altro. Perché se io devo reinventarmi, lo faccio. Certo, ripeto, quanto è successo mi ha colpito, per via della mia età».

Pili riflette poi sul decreto dignità e sulla stretta dei contratti a termine dei cui effetti tanto si parla: «Ho sentito anche dei miei amici che lavoravano in aziende e i contratti erano stati rinnovati in passato, ma quest’anno le imprese hanno cambiato idea. Purtroppo sta anche peggiorando il mercato del lavoro».

Il che non può scoraggiare un ragazzo, anche se ha vissuto questa esperienza di vedersi messo da parte per due lavoratori più giovani, e convenienti. Rimboccarsi le maniche e riprovarci per lui è un must: è stato trattato da “vecchio”, ma ha pur sempre 26 anni, carichi dei loro sogni per cui vale la pena lottare.n 

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