Il furto
non è
un reato
minore

  Le sociologie spicce danno una spiegazione sicura: aumentano i furti? È colpa della crisi, la gente è più povera e qualcuno, più povero sì ma con pochi vincoli morali, ne approfitta per andare a far razzia in casa altrui.
Sia vero oppure no, resta il fatto che i ladri di strada si stanno - anch'essi - moltiplicando. I dati relativi 2011 assegnano allo scorso anno un triste primato: i furti nelle abitazioni sono cresciuti del 15% rispetto ai dodici mesi precedenti, le rapine, sempre in casa, addirittura del 28%. E per quest'anno la tendenza sembra destinata a incrementarsi ulteriormente. A Como non va meglio di altrove. Anzi. E le forze dell'ordine allargano le braccia. Da un lato si tenta di ridimensionare e spiegare, dall'altro - i sindacati degli agenti - battono sul tasto dei mezzi e degli uomini, entrambi in passivo.
Non manca chi lancia un ulteriore allarme: è in pista un disegno di legge che potrebbe portare la detenzione domiciliare per i reati puniti fino a quattro anni. Una facoltà che fa alzare le antenne, anche se già ora, per il residuo di pena fino a 18 mesi, il condannato la può scontare fra le mura di casa. Sua, si spera.
Sì, perché il timore è che, con la necessità di riparare al sovraffollamento delle carceri, alla fine si rimettano in giro ladruncoli ( e peggio) patentati. Con lo "svuota carceri" del febbraio scorso, dovrebbero essere tornati in circolazione circa 7 mila detenuti.
La dinamica però porta a un altro tipo di considerazione, che sfugge alle letture "giustizialiste" o, al contrario, "buoniste".
Il furto in appartamento è di solito incasellato nella generica definizione della "microcriminalità". Ma chi viene in casa tua, forza la porta o s'intrufola dalla finestra, è un "microcriminale", un malvivente di seconda categoria, un "non-cattivo" in assoluto?
Il codice, giustamente, divide e attribuisce pene diverse ai reati contro la persona piuttosto che a quelli contro le cose. Le stesse forze dell'ordine e i ministri dell'Interno sono allergici a queste fattispecie: gonfiano le statistiche annuali, alzano il livello di allarme sociale e spingono i cittadini a chiedere maggiori interventi e, naturalmente, più poliziotti e carabinieri in strada. E quindi non sempre la denuncia è semplice e le indagini, complesse, sono giocoforza messe in coda rispetto al perseguimento di altri reati. Ma è giusto?
Perché lo stesso legislatore, nella sua arida compilazione delle leggi, per una volta non si cala nella dimensione del cittadino che trova la sua casa svaligiata, con tanti affetti spesso di poco valore monetario, violati o portati via e non calibra in modo diverso la pena per il furto con violazione della proprietà?
L'impatto di una ruberia del genere e dell'irruzione in casa sull'animo di ciascuno  è difficilmente compreso in una sanzione che non fa troppe distinzioni tra i colpi stile "Sette uomini d'oro" e quelli della nomade o del disperato. Non è solo questione di pene più dure, quanto dell'applicazione in chiave di sicurezza per il cittadino e di dissuasione per i malviventi. E quest'ultima può consistere in una misura alternativa al carcere, diretta a  un effettivo beneficio della comunità senza tradursi in una non troppo scomoda e non controllabile, espiazione davanti al caminetto. Forse un ladruncolo, mandato a fare un lavoro socialmente utile ma comunque lavoro, potrebbe accorgersi che alla fine anche il microcrimine non paga. Un'occupazione, invece, anche se definita "pena", invece sì.
Umberto Montin

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