La strada
obbligata
di Obama
sul debito

Il presidente degli Stati Uniti succede a se stesso: conosce i problemi che debbono essere risolti, ma che non possono essere, a mio parere, affrontati secondo vie tradizionali.
Un problema comune al così detto mondo occidentale, ossia agli Usa e all'Europa, è l'eccessivo debito pubblico, per molti aspetti in grado di incidere solo in negativo sull'evoluzione dell'economia reale. I debiti sovrani sono per natura irredimibili: si raffrontano, mutatis mutandis, con i capitali di diretta pertinenza delle imprese, se finanziano investimenti destinati, come genere, a permanere. Sono sconsigliati per finanziare spesa pubblica corrente, giacché non possono ritrovare in essa la fonte delle risorse per essere rimborsati.
Unicamente per motivi di gestione dell'indebitamento, i debiti pubblici sono dichiarati redimibili, ossia rimborsabili, ma è sottinteso che quando giungono a scadenza saranno sostituiti da altri debiti, che lo Stato giudica di potere collocare.
A un certo punto la gestione del debito circolante diviene un problema principalmente di rinnovo dei titoli in scadenza e di pagamento degli interessi, mediante nuove emissioni.
Si determina un circuito a sé, non in grado di interferire sull'economia reale. Lo Stato non è più in grado di fare debiti aggiuntivi per nuovi investimenti, senza turbare il mercato dei titoli statali.  Il bilancio pubblico gestisce una massa di debiti, ma non è più in grado di contrarne altri, aggiuntivi.
Ebbene, gli Stati Uniti si approssimano a tale situazione, mentre l'Europa in larga misura l'ha raggiunta. Se non è percorribile la via della iper-inflazione, per svalutare i debiti in essere, bisogna o ristrutturarli o gestirli in un'ottica di lenta gradualità, accettando uno sviluppo economico ridotto, senza una politica economica pubblica di stimolo.
Tornando agli Stati Uniti, la gestione del debito deve  badare a non turbare i rapporti con la Cina e gli altri Paesi sottoscrittori del debito pubblico americano. Gli Usa non possono seguire la via dell'inflazione per ridurre il peso del debito; debbono invece fare in modo che la quota del debito collocata all'estero possa essere rinnovata via via; non possono modificare, se non con molta ponderazione, i rapporti di politica estera; debbono però superare confini costituzionali interni per gestire il debito, con la minaccia del noto fiscal cliff (precipizio fiscale). Circostanze che costringono anche il presidente Usa ad accettare condizionamenti di politica internazionale.
La crisi dei debiti sovrani è la crisi del mondo occidentale. Ecco il motivo per cui l'esito del voto americano  potrebbe essere meno rilevante rispetto a casi passati. Il grado di libertà di scelte dell'amministrazione statunitense è in ogni caso condizionato dall'economia globale e dal passo più stanco delle economie occidentali, tutte gravate da debiti eccessivi. La ripresa dell'economia dovrà percorrere una strada per ora alquanto malagevole e quindi solo percorribile a bassa velocità.
Tancredi Bianchi

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