Como e Cantù
sbandata a destra

“Ho vinto le elezioni, adesso cosa mi metto?” Venti giorni dopo il trionfale triplete a Como, Cantù ed Erba, sembra essere questo il leit motiv del centrodestra locale, in palese affanno nei due principali centri della provincia espugnati dopo il quinquennio di Lucini e Bizzozero. Solo nella città brianzola dove è arrivato il successo più rocambolesco e forse insperato, le cose stanno andando al passo. Nel capoluogo, il partito più forte della coalizione, Forza Italia ha creato non pochi impacci a Mario Landriscina. Se si è riusciti a mettere assieme la giunta, lo si deve alla tenace azione del sindaco. Peggio ancora nella città del mobile dove è in corso una disperata ricerca al bandolo della grottesca matassa che ha portato Edgardo Arosio a un passo dalla fine ancor prima di cominciare della sua seconda esperienza alla guida del Comune.

Al di là dell’escamotage a cui si sta lavorando, la Lega Nord esce con non pochi bozzi da questa grottesca vicenda dall’appalto concesso alla ditta in cui c’è il fratello del primo cittadino quando quest’ultimo era già candidato, e di cui nessuno sembrava avere contezza. Una responsabilità che pesa soprattutto sul principale esponente leghista canturino. Nicola Molteni, che sarebbe stato il candidato naturale alla carica di sindaco ma non ha voluto (o il partito non gli ho consentito) interrompere l’esperienza in Parlamento. Da qui a cascata la scelta di colui che già aveva guidato l’amministrazione comunale di Cantù con quello che ne è seguito. E se la soluzione che si prospetta per salvare la fascia tricolore di Arosio non dovesse quagliare, ci sarà da ridere (o da piangere) il prossimo anno se la città dovrà tornare alle urne. Comunque vada a finire si sarà fatta la figura dei dilettanti allo sbaraglio che in politica non è mai un buon viatico.

A Como perlomeno la Lega il suo l’ha fatto senza particolari patemi. Sono stati gli alleati azzurri qui in afasia. E anche qui sono loro stessi la causa del proprio mal. A partire dalla scelta dei candidati in consiglio comunale, non proprio (non ce ne vogliano) il fior fiore della società comasca. O forse non abbastanza. Certo, vai a trovarlo tu uno che ha voglia di fare l’amministratore pubblico con questi chiari di luna. Ma il compito di un partito che ambisce a esercitare un’azione di buon governo della città dovrebbe essere quello di selezionare le persone adeguate. E magari resistere a quel vizio che non cambia al variare delle Repubbliche di considerare il criterio delle preferenze ottenute come se non unico, perlomeno privilegiato, nella scelta degli assessori. Questi ultimi infatti non sono scelti dai cittadini che, quando scrivono un nome sulla scheda per le comunali, intendono eleggere un consigliere non un componente della giunta. In questo modo, oltretutto, si finisce per condizionare se non limitare le prerogative esclusive sulla scelta della squadra che la legge assegna al sindaco, eletto direttamente dai cittadini anche con questo mandato. Paradossalmente, solo la debolezza di Forza Italia ha consentito a Landriscina una maggiore libertà d’azione. Partiti e gruppi dirigenti, insomma, avrebbero bisogno di qualche lezione di educazione civica, una materia che si dimentica facilmente di fronte alla prospettiva di qualche voto in più.

Il centrodestra che ha riconquistato la leadership del suo ex Mugello non è partito con il piede giusto. Farebbe meglio a rimettersi in carreggiata in fretta perché Como e Cantù hanno bisogno di soluzioni ai tanti problemi irrisolti. E poi è meglio ricordarsi dell’Inter, che, dopo aver conquistato il triplete, non ha vinto più nulla.

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