Como, politica
senza apriscatole

In un’azzeccatissima metafora sui partiti nati dalla dismissione del Pci, lo scrittore Alessandro Baricco rievoca l’invenzione del cibo in scatola anteriore di 45 anni a quella dell’apriscatole. Come si siano arrangiati nel frattempo (a sassate, martellate, colpi di pistola ecc...) non è dato sapere. Di certo il risultato non sarà stato esaltante.

La politica se vuole essere buona come la carne o le zuppe nei barattoli, dovrebbe prevedere la scatola e l’utensile per aprirla senza pregiudicarne il contenuto. Al Comune di Como sembra accadere qualcosa di simile alla metafora di Baricco. Il cibo, cioè il

programma dell’amministrazione, è di qualità più che discreta. Il rischio è che l’apriscatole manchi o sia difettoso, almeno in parte. Inutile nasconderlo anche perché da mesi lo sostengono tutti o quasi. Questa giunta ha bisogno di un tagliando. Ci sono due assessori, di fatto sfiduciati dal partito di maggioranza relativa, il Pd, che ha addirittura trovato l’unità, certo favorita dall’immissione del segretario provinciale, Savina Marelli nell’esecutivo guidato da Mario Lucini. Sulla graticola da tempo camminano Gisella Introzzi e Luigi Cavadini, incalzati anche da una mozione di sfiducia dell’opposizione che certo troverebbe o troverà sponde nella maggioranza. In panchina, pronto a entrare in campo c’è Paolo Frisoni, tecnico in guanti di amianto poiché gli toccherà o gli toccherebbe prendere in mano la patata bollente delle politiche finanziarie del Comune. Ma il presidente della Ca’ d’Industria, digerito dal Pd dove pure gli stomaci non sono a tenuta stagna, sarebbe avversato da Paco- Sel che su quella poltrona vorrebbe collocare Bruno Magatti, reduce dalla positiva gestione del passaggio alla raccolta differenziata dei rifiuti anche se impantanato (non per colpe del tutto sue, anzi) nella palude della bonifica della Ticosa. A contrastare il fuoco di sbarramento contro Gisella Introzzi c’è la lista che l’ha sostenuta. Alla fine il più scoperto è Luigi Cavadini, colpevole di afasia comunicativa, peccato non veniale nella politica di oggidì. Poi ci sono in ballo anche la posizione di Iantorno e un’ipotesi di lusso come Barbara Minghetti nuova titolare della Cultura. La situazione, insomma, è magmatica. Il sindaco Lucini, che alla fine è quello che avrebbe l’ultima parola sul valzer delle poltrone, è tornato dalle vacanze accolto da un avvertimento della Regione sul tema paratie: Maroni, come il suo predecessore ha capito che c’è il rischio di scottarsi politicamente. Il primo cittadino ha preso tempo e promette di sbrogliare tutte le matasse entro fine mese. Ma più i giorni passano, più l’affare si ingarbuglia e il rischio di un’implosione generale aumenta.

Sarebbe meglio non cadere nella tentazione di confezionare uno dei quei pasticci che dovrebbero servire ad accontentare tutti ma quasi mai colgono l’obiettivo. Ad esempio inglobare Frisoni e Marelli in giunta senza liberare due o almeno un posto (quello lasciato da Giulia Pusterla è ancora sfitto) all’insegna di un “tutti assieme poco appassionatamente” che sarebbe una tregua fragile a spese dei contribuenti chiamati a stipendiare un assessore in più.

Comunque vada a finire è opportuno tenere a mente che anche il miglior cibo in scatola, se non si aziona l’apriscatole, prima o poi si guasta.

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