Lo stile Frisoni
un esempio in giunta

Quando alcuni mesi è circolato il suo nome molti espertoni della politica targati Pd (sino a prova contraria il principale azionista del sindaco Lucini), hanno iniziato a giocare al tiro al bersaglio. Paolo Frisoni? Per i più clementi una brava persona simbolo però del vecchio che più vecchio non si può.

Per molti altri un bollito, un residuo della prima repubblica, uno che ha cambiato cento partiti (ma non era inevitabile per un democristiano doc?), uno che è passato alla storia della città per avere varato il girone a senso unico intorno al centro storico (un provvedimento fondamentale per la viabilità cittadina ma non abbastanza, certo, per avere un capitolo tutto per sé negli annali municipali). Insomma, Frisoni è stato letteralmente demolito di critiche all’interno del più importante partito della maggioranza. E la sua nomina al bilancio è passata per mesi come un vero e proprio capriccio del sindaco e non come un provvedimento funzionale all’amministrazione.

Le critiche si sono stemperate viavia ma più che per un sincero ravvedimento per l’ingresso in giunta, contestuale, di Savina Marelli, segretario provinciale dei democratici.

Si sa, la politica funziona così e Frisoni per primo, che l’ha a lungo frequentata, conosce bene le miserie di cui si alimenta. Di rado però capita di misurare tanta ingenerosità di giudizio. Già perché in casa Pd devono avere forse dimenticato che Frisoni avrà sì 68 anni ed è in politica da una vita ma è stato - non il secolo scorso ma negli ultimi tre anni - l’uomo chiave scelto da Lucini per salvare dal tracollo la Ca’ d’Industria, un patrimonio dei comaschi messo a serio rischio da anni di cattiva gestione. Bene, Frisoni, il “bollito”, ha raggiunto l’obiettivo riportando l’ente, con tutti i nuovi amministratori, sui binari dell’efficienza. Un risultato raggiunto anche attraverso uno stile diverso, anche nei dettagli che poi tali non sono.

Per l’incarico in Ca’ d’industria Frisoni ha lavorato gratuitamente rinunciando a ogni emolumento con l’idea di lanciare un messaggio concreto di serietà e spirito di servizio di fronte a una situazione tanto difficile per l’ente che era stato chiamato a presiedere. Un esempio, che forse non ha avuto l’eco meritata, tanto più significativo a pensare che, nonostante i tempi difficili in cui ci troviamo, troppe volte gli enti e le società partecipate sono appannaggio del sottogoverno, lo strumento più agevole per piazzare politicanti falliti alla ricerca di uno stipendio sicuro per qualche anno.

Il sindaco, che ha impiegato quasi un anno per sostituire Giulia Pusterla, ha fatto una scelta saggia e intelligente, forse la mossa giusta per ritrovare feeling con una parte dei suoi elettori disorientati di fronte a ciò che è accaduto negli ultimi mesi (i rinvii sui temi chiave come le paratie e la Ticosa e gli autogol perché è difficile definire diversamente il progetto della mostra di Villa Olmo piuttosto che tutta la vicenda legata a Parolario). I due nuovi innesti contestualmente alle dimissioni dell’assessore meno in sintonia con il resto della squadra, sono fattori che rafforzano giunta e maggioranza.

Per paradosso, ma solo anagrafico, è con l’anziano Frisoni che l’amministrazione può sperare di ritrovare slancio ed efficienza e anche - perché no - un entusiasmo e un dinamismo nuovi. Con lo stile e la passione del periodo in Ca’ d’Industria perché oggi Como ha bisogno innanzi tutto di questo.

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