Di Bari: "Ho venduto
il Como ai bresciani"

Il presidente: «Ho firmato un accordo compromissorio per la cessione del 97% delle quote della società». Dall'altra parte del tavolo, a controfirmare, la "cordata bresciana". Che finalmente ha almeno un nome e un cognome, quello dell'imprenditore Abele Lanzanova

COMO - Como venduto. Forse siamo arrivati alla fine della telenovela. Il presidente Antonio Di Bari ha annunciato venerdì sera: «Sono più sollevato. Sono nello studio del notaio Leoni e ho appena firmato un accordo compromissorio per la cessione del 97% delle quote della società». Dall'altra parte del tavolo, a controfirmare, la "cordata bresciana". Che finalmente ha almeno un nome e un cognome, quello dell'imprenditore Abele Lanzanova, uno dei nomi usciti nelle scorse settimane. Sarà lui, a quanto pare, il prossimo presidente del Calcio Como. Ed è lui il capo cordata di un gruppo di cinque imprenditori, settore immobiliare e settore agricolo, che diventeranno i nuovi padroni del Como. Per loro ha parlato il commercialista che li rappresenta, Fabrizio Cordini. «Rappresento cinque grossi imprenditori del bresciano. Entreremo nel Como per gradi fino ad arrivare ad acquisire il 97%, le quote del signor Di Bari e del signor Rivetti».
Qualsiasi dettaglio viene rimandato alla conferenza stampa di presentazione che si terrà a quanto pare nei primi giorni della prossima settimana, ma queste persone saranno comunque quasi certamente allo stadio domani. Intanto, però, di chiaro c'è subito un primo particolare, che spiega Di Bari stesso. «Sarà il nuovo gruppo a pagare gli stipendi entro venerdì. Sostanzialmente si faranno carico loro della gestione arretrata, da luglio a oggi». Mentre, spiega lo stesso Di Bari «io stesso resterò per un po' nel ruolo di amministratore». Ecco spiegato dunque l'ingresso "per gradi". Il nuovo gruppo non pagherà tutto subito, ma comincerà a intervenire man mano. Per arrivare poi ad acquisire praticamente in toto la società. Perchè 97%? Perchè questo è l'ammontare delle quote di Di Bari e Rivetti, il restante 3% nelle mani dei soci di minoranza Binda e Corti non è stato oggetto della trattativa.

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