"Soltanto a Cantù un'opera
di Fontana è trattata così"

Commento amareggiato di Nini Laurini, presidente della fondazione Lucio Fontana: «Il mosaico di Cantù è uno dei pochi casi al mondo in cui un'opera di Lucio Fontana viene trattata in questo modo. Ma appartiene a un privato. E se qualcuno, a casa sua, vuole bruciare un quadro di Michelangelo...»

CANTU' «Il mosaico di Cantù è uno dei pochi casi al mondo in cui un'opera di Lucio Fontana viene trattata in questo modo. Ma appartiene a un privato. E se qualcuno, a casa sua, vuole bruciare un quadro di Michelangelo...». Invoca l'intervento del Ministero ai Beni Culturali ed è tra il dispiacere e la rassegnazione, il commento lasciato volutamente a metà di Nini Laurini, la presidente della Fondazione Lucio Fontana. L'ente con sede a Milano – collegato alla famiglia dell'artista e impegnato nella tutela delle sue opere – esprime amarezza dopo la denuncia sulle nostre colonne del caso di piazza Garibaldi. Sull'opera realizzata tra il '55 e il '57 dimenticata e in stato di degrado, nel palazzo della Nuova Permanente.
Tristezza anche in città. Gli Amici dei Musei di Cantù furono i primi a denunciare, ormai sette anni fa, lo stato del mosaico sepolto dai negozi. «Purtroppo – dice il presidente Peppo Peduzzi – non si è pensato a quanto si stava combinando. C'è stata probabilmente inconsapevolezza. Come se la pavimentazione di Lucio Fontana fosse stata realizzata da un qualsiasi piastrellista».
Sotto l'edificio della Nuova Permanente, da qualche anno, i negozi hanno trovato posto al di sopra di una pavimentazione d'autore. Un angolo di arte e architettura pensato come atrio, oggi scomposto e visibile soltanto in parte, per la presenza di un paio di attività e di alcune modifiche strutturali.  La pavimentazione di centocinquanta metri quadri, tra l'espressionismo e l'arte informale, fu realizzata sul finire degli Anni Cinquanta – per la precisione, è stata terminata nel '57 – su invito del progettista dell'edificio, l'architetto Renato Radici. Il mosaico, in origine realizzato in uno spazio ampio e arioso, con ampie pareti vetrate, venne diviso tra  più proprietari dal 1991, quando il palazzo fu ceduto, e il piano terra ospitò diverse attività. Oggi è per metà invisibile.

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