Delitto Arrighi,
inchiesta chiusa

Secondo il consulente di parte non era in grado di intendere, per l'accusa premeditò l'omicidio. In ogni caso l'inchiesta portata avanti dalla Procura di Como è chiusa. Quel che si poteva fare è stato fatto

COMO - Questa volta è davvero chiusa. Fine dell'inchiesta. Quel che bisognava fare s'è fatto, altro non si potrà aggiungere. Alberto Arrighi ha ricevuto in queste ore l'avviso di conclusione dell'indagine preliminare, notificata dal pm Antonio Nalesso che ha ricevuto e "protocollato" anche l'ultimo atto, la consulenza tecnica di parte affidata al criminologo milanese Antonio Marigliano, in risposta a quella svolta per conto di Ivan Colciago, l'avvocato che assiste il commerciante di via Garibaldi e che lo valutò incapace di intendere e volere. Detto che - com'era scontato - il consulente dell'accusa ha maturato tutt'altro convincimento («piena capacità di intendere e di volere»), Alberto Arrighi torna a giocarsi le sue carte sull'aggravante di una premeditazione la cui tenuta, oggi, appare più debole di quanto fosse all'inizio dell'inchiesta. Un'ultima spallata, in ordine di tempo, all'idea che il negoziante avesse preordinato il delitto costato la vita a Giacomo Brambilla, è arrivata dalla testimonianza di un commerciante comasco che, secondo la difesa, aiuta a fare chiarezza sulla presenza, nell'armeria, dei sacchi neri dell'immondizia che, dal punto di vista degli investigatori, furono preparati per avvolgere il corpo. Racconta il testimone di essersi rivolto ad Arrighi, nel settembre del 2009, perché in cerca di un manichino da vestire con una uniforme storica in occasione dell'ottantesimo di fondazione della sezione dell'Associazione alpini di Albese con Cassano. Arrighi si rese disponibile, invitando l'amico a presentarsi in negozio, in via Garibaldi: quando questi arrivò, gli consegnò il manichino, diviso in due parti e avvolto in sacchi neri identici a quelli che, pochi mesi dopo, lo stesso Arrighi avrebbe utilizzato per sbarazzarsi del cadavere di Brambilla. La testimonianza dimostra che i sacchi in negozio c'erano da mesi. Non solo: per l'avvocato Colciago, ci sarebbe una spiegazione plausibile anche al fatto che, nel video che riproduce il delitto e le fasi successive, l'omicida si serva di sacchi neri già "tagliati", apparentemente preparati. Poche settimane prima, a gennaio, lo stesso Brambilla - che secondo la versione di Arrighi in negozio "spadroneggiava" - gli aveva ordinato di spostare un manichino da donna, non volendo più che l'ormai quasi socio vendesse abbigliamento femminile. L'armiere avrebbe dovuto portarlo in magazzino, e così Arrighi si apprestò a fare, tagliando i sacchi e "impacchettando" il manichino, anche se poi esso rimase in negozio. Ecco perché, sempre secondo la lettura della difesa, la sera del primo febbraio, quando si tratta di avvolgere il corpo del povero Brambilla, l'omicida dispone già di un paio di sacchi tagliati, che in realtà non bastano, visto che per completare l'opera Arrighi ne taglierà degli altri.
Tra venti giorni il pm Antonio Nalesso chiederà li rinvio a giudizio. Poi sarà fissato il processo. Sul nodo della premeditazione, accusa e parti civili (avvocati Anna Maria Restuccia e Fabio Gualdi) sembrano ben decise a dare battaglia.
Stefano Ferrari

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