Carla, festa per i 109 anni
E scriverà un altro libro

Porta Musa: «Credo in Dio e Dio è stato molto buono con me». «Ho "finito" un nuovo libro, ‘Il violino nel cielo', ora non devo che scriverlo» perché così funziona l'immaginazione: prima pensa a una storia nei suoi dettagli e poi non resta che metterla nero su bianco, con una semplicità disarmante

COMO Quanti anni ha compiuto Carla? Secondo il nostro computo del tempo sono 109, una cifra difficile anche solo da immaginare riferita a una persona, a una donna, ancora intenta a fermare sulla carta i suoi pensieri, le sue narrazioni. Basandoci, invece, su quanto abbiamo constatato di persona arrivando a porgere a Carla Porta Musa gli auguri personali e di tutta "La Provincia", gli anni non contano nulla quando ci si ritrova al cospetto di un sorriso così sincero, quasi contagioso mentre accoglie le felicitazioni del prefetto Michele Tortora, il sindaco Stefano Bruni le ha inviato un clamoroso mazzo di fiori (uno dei tanti che si assiepano all'ingresso della bella casa di via Pessina) e si farà vivo più tardi, la figlia Livia fa gli onori di casa controllando il viavai discreto ma costante di amiche e amici. Carla è seduta sulla poltrona preferita e accoglie tutti con una dolcezza disarmante: «Credo in Dio e Dio è stato molto buono con me» dice senza esitazioni quando gli si domanda come si pone di fronte a questo traguardo. «Oggi pranzeremo qui, tra donne con mia figlia, con Titta, con Cristina che è arrivata da Milano e sua sorella Marina, addirittura da Roma ma giovedì sono invitata a Villa d'Este» e lo dice con la gratitudine nello sguardo. Questa città la ama e la onora ma cosa spera, lei, da Como? «Dico solo che bisogna amare le persone, soprattutto i bambini» perché omnia vincit amor, anche nei momenti più difficili. «Io sto benissimo, ho una figlia meravigliosa che non mi fa mancare niente e sono circondata dall'amore di tutti». Ieri era un momento speciale ma il lavoro riempie ancora le sue giornate: «Ho "finito" un nuovo libro, ‘Il violino nel cielo', ora non devo che scriverlo» perché così funziona l'immaginazione: prima pensa a una storia nei suoi dettagli e poi non resta che metterla nero su bianco, con una semplicità disarmante. Tra i regali anche uno davvero singolare che arriva dal nipote Gianni Musa che ha ricevuto una testimonianza che riporta le origini della famiglia del marito di Carla addirittura nella Roma antica: «Ieri, girovagando per le bacheche della collezione Farnese in mostra all'Ambasciata di Francia, sono incappato in una moneta d'età repubblicana come questa, emessa da un tale Pomponio Musa, magistrato monetario nel 66 a.C. Musa era quindi un cognomen (sorta di soprannome), che serviva a distinguere nuclei più ristretti all'interno della stessa gens (in questo caso Pomponia), e che si tramandava di padre in figlio (fino a noi?)”. Infatti secondo un trattato di numismatica, i funzionari della zecca “per innalzare e celebrare le origini della propria gens facevano imprimere sulle monete temi iconografici che celebravano le imprese dei loro antenati o facevano derivare le loro famiglie da divinità o da personaggi del mito. Uno dei casi più significativi è quello di Quinto Pomponio Musa che, per nobilitare il suo cognome, utilizzò per le emissioni di cui fu responsabile  le immagini delle nove muse e di Hercules Musarum, loro protettore».

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Eco di Bergamo La festa per Carla