L'acqua del lago vale milioni
Solo Como non guadagna nulla

L'acqua del lago di Como vale centinaia di milioni di euro, ma non per il capoluogo e nemmeno per i comuni rivieraschi.
La diga di Olginate (gestita dal Consorzio dell'Adda) dal 1946 regola i livelli del lago che, significa, avere il potere di immagazzinare l'acqua per poi rilasciarla alla pianura quando serve (per la produzione di energia elettrica e, soprattutto, per l'agricoltura).

COMO L'acqua del lago di Como vale centinaia di milioni di euro, ma non per il capoluogo e nemmeno per i comuni rivieraschi.
La diga di Olginate (gestita dal Consorzio dell'Adda) dal 1946 regola i livelli del lago che, significa, avere il potere di immagazzinare l'acqua per poi rilasciarla alla pianura quando serve (per la produzione di energia elettrica e, soprattutto, per l'agricoltura). In pratica le chiavi del lago di Como sono in una casetta (con giardino e un avvolgente profumo di menta) che, al piano terra, ha la centrale che aziona le otto maxi paratie lunghe 15 metri ciascuna e che vengono alzate e abbassate a seconda del bisogno o meno di acqua. L'acqua che ne esce va, come detto, ad alimentare un business milionario. Business che c'è anche a monte, con le centrali idroelettiche e gli invasi della Valtellina e della Svizzera (con colossi come Aem, Eni, Enipower solo per citarne alcuni) che poi riversano l'acqua nel grande acquedotto di Lombardia, cioé il Lario. La regolazione del lago produce annualmente una media di 6.07 metri cubi al secondo di acqua in più rispetto a quella naturale, la cosiddetta "acqua nuova" come viene chiamata dagli addetti ai lavori. Tradotto significa 32 milioni di kWh in più, cioé qualcosa come 8 milioni di euro. Non solo. L'acqua va ad irrigare buona parte delle coltivazioni della pianura padana che hanno un valore di 700 milioni di euro ogni anno: è il reddito economico di pianura che il Consorzio assicura erogando nei momenti giusti l'acqua del lago.
Per l'utilizzo dell'acqua le società idroelettriche (colossi come La Zerbaglia", Edison, Enel Green Power, Italgen spa, Adda Energi srl, Podini holding spa, Shen spa) e gli utenti irrigui (Consorzio di bonifica Muzza-Bassa lodigiana; consorzio di bonifica Est Ticino Villoresi, consorzio del canale Retorto, consorzio Roggia Vailata, Comune di Rivolta d'Adda, consorzio irrigazioni cremonesi, consorzio di bonifica media pianura bergamasca) versano una serie di canoni. Innanzitutto al Consorzio dell'Adda (tra i 600 e i 700mila euro ogni anno, in pratica coprendo interamente i costi di gestione), dove siedono in consiglio di amministrazione in quanto utenti del maxi impianto tra i laghetti di Garlate e di Olginate, nel punto più stretto. E alla Regione Lombardia qualcosa come 11 milioni di euro (per la precisione 10 milioni 896 euro) ogni anno per l'utilizzo dell'acqua lariana. Nessun incasso, invece, dal Consorzio perché la concessione è stata rilasciata dallo Stato a canone esonerato.
Alle Province di Como e Lecco non viene dato nulla. O meglio, il Consorzio dell'Adda versa annualmente (ma negli ultimi due anni si è trovato davanti il rifiuto dei due enti che avevano chiesto, senza ottenerlo, un aumento del contributo) 34mila euro, di cui la metà per i cosiddetti "obblighi ittiogenici". In pratica il risarcimento per esondazioni, crollo di muri d'argine, affioramento delle fognature e danni per gli allagamenti di proprietà edilizie e di manufatti stradali consiste in 34mila euro per il ripopolamento dei pesci (l'abbassamento del livello del lago provoca infatti la moria delle uova che vengono spazzate via). Peccato che solo per uno dei due incubatoi (quello di Fiumelatte) le Province spendano 100mila euro. Como più di una volta aveva alzato la voce e aveva anche chiesto di poter avere un posto nella "stanza dei bottoni" (il Consorzio), ma alla fine non ha ottenuto nulla e, secondo molti a Palazzo Cernezzi, anche avere una sedia significherebbe essere solo una comparsa.
Gisella Roncoroni

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