Gli skater si difendono:
«Non siamo delinquenti»

Si trovano al tribunale, all'ex chiesa di San Francesco o all'Esselunga e cercano di convivere con chi è sulla rotta delle loro evoluzioni

COMO «Solo una volta mi è capitato di aver fatto male a una persona. Mi è scappata la tavola. È finita sulla caviglia di una signora. Una sbucciatura, niente di grave. Mi sono scusato e lei ha capito che non l'avevo fatto apposta».
Jovrell Tapalla ha 18 anni, studia all'istituto commerciale Caio Plinio, va in skate da 5 anni, con i "local", gli altri ragazzi che hanno la sua stessa passione come Stefano Turconi e Daniel Lopez, autori della lettera per chiedere una pista al Comune di Como.
Tocca a lui, ora, raccontare la vita di questi ragazzini additati spesso come «una banda di maleducati, spregiudicati e spericolati» che mette in crisi chi lavora o si trova sulla rotta delle loro evoluzioni.
«In realtà non ho mai avuto problemi fino all'ultimo anno - spiega -. Per quattro anni è filato tutto liscio. Mai avuto particolari problemi se non i soliti discorsi o battibecchi che insorgono sempre. Io di solito reagisco parlando, cercando di restare sempre nel rispetto altrui». Invece nell'ultimo anno, dice il ragazzo, la polizia ci caccia di continuo.

Leggi l'approfondimento su La Provincia in edicola domenica 9 dicembre

© RIPRODUZIONE RISERVATA