L'Agenda
che va oltre
il governo
Monti

  Può un'Agenda entrare in politica? E' questa la sfida lanciata da Mario Monti. I precedenti non sembrano incoraggianti. Nel 2006, il centrosinistra si presentò con un programma di 281 pagine intitolato "Per il bene dell'Italia": l'Unione vinse, di poco, quelle elezioni ma il governo Prodi durò solo due anni e cadde a causa delle sue divisioni interne.
Agenda però non coincide con programma, almeno nel lessico montiano. Il significato letterale di questa parola latina è: "ciò che si deve fare", quid agendum est. Non il programma, dunque, di un partito che cerca consensi formulando promesse, ma un imperativo morale che si impone erga omnes. Qualunque programma presuppone qualcuno che lo formuli, lo adotti, si proponga di metterlo in pratica ecc ; un imperativo morale, invece, viene prima di chi lo realizzare e resta valido anche se nessuno lo mette in pratica. Ha un valore intrinseco e si rivolge a tutti, indica una responsabilità e chiede un impegno.
In questo senso, indicare un' Agenda quale sostanza di una nuova proposta politica non significa camuffare l'ennesimo partito personale e populista. L'alternativa tra una lista unitaria e più liste collegate a Monti riguarda soprattutto gli aspetti propagandistici: in quale forma si raccolgono più voti? Ma la propaganda elettorale non è, decisamente, la priorità di Monti e di chi si riconosce nella sua proposta e l'Agenda si propone proprio l'obiettivo di rovesciare il rapporto tra propaganda e politica.
Raccogliere voti non governando il paese è stata, infatti, la tendenza dominante della Seconda Repubblica. Le coalizioni eterogenee formate per vincere le elezioni si sono rivelate puntualmente incapaci di governare. E' bene, perciò, diffidare di programmi, promesse o "contratti" elettorali, mentre è cruciale definire esplicitamente i doveri che qualunque vincitore dovrà assumersi.
Il vero problema è: dopo le elezioni, i partiti continueranno ad inseguire i sondaggi o cercheranno di governare il paese? Meglio cominciare subito ad affrontare il problema e chiedere agli elettori non solo di scegliere tra diversi leaders o partiti ma anche di indicare ciò che leaders e partiti dovranno fare. E' questa la strada per rafforzare la politica e farla prevalere sulla propaganda.
La novità dell'Agenda ha già cominciato ad agitare il dibattito italiano. Berlusconi ha fatto capire che continuerà a puntare sulla propaganda, ignorando le esigenze della politica e i problemi del governo. Anche la Lega è tentata dalla propaganda e si interroga se convenga andare con Berlusconi o presentarsi da sola. E Grillo ha cercato di rincorrere la novità, lanciando un'Agenda Grillo improvvisata e inconsistente. Il caso del Pd appare diverso, ma l'alternativa tra propaganda e politica interroga in profondità anche questo partito. Il suo gruppo dirigente si trova talvolta ad oscillare tra parole remunerative sul piano identitario ed elettorale e impegni concreti per il bene del paese.
Agostino Giovagnoli

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