Dieci anni senza la Comense. Il racconto dell’addio

Amarcord «C’è stato qualche tentativo di salvataggio, di tirare fuori la pallacanestro, ma non si poteva perché la società era lui»

Dieci anni fa scompariva la Comense. La gloriosa Società Ginnastica Comense 1872. Una ricorrenza che riporta indietro le lancette a quei giorni convulsi. Fino al crack della società per i noti problemi con il fisco. Fu un evento choccante e traumatico. Per atleti, tecnici e dirigenti nerostellati delle varie sezioni, ma anche per la cittadinanza e per il mondo sportivo. Di punto in bianco inghiottiti 140 anni di storia, di sudore, di passione, di trionfi. Un ferita aperta ancora oggi, anche se ovviamente è stata voltata pagina.

C’è una data di non ritorno, nell’addio alla Comense, ed è quella del 5 luglio 2012. In una drammatica conferenza stampa convocata dal presidente Antonio Pennestrì alla Negretti, andava in scena un epilogo surreale, in un clima tesissimo.

A gennaio eravamo venuti a sapere che la squadra di basket di serie A1 sarebbe scomparsa. Aspettammo a darne notizia a marzo dopo la regular season, e si sollevò un polverone. Smentite pubbliche, accuse, tentativi di salvataggio: ma tutto era già scritto. Anzi, anche peggio. La voragine del basket trascinò con sé tutta la società.

Stefano Daverio è stato più che uno storico segretario (in società dal 1973). E svela alcuni retroscena. «Ricordo che dovevamo fare la mostra al Broletto, nell’ambito dei festeggiamenti per i 140 anni, con una spesa abbastanza importante. Ma Pennestrì mi disse: con quali soldi ? Era maggio e lui sapeva già che la società sarebbe saltata in aria. A inizio giugno ci fu un Consiglio nel quale disse che dovevamo fare delle nuove società per conto nostro, perché lui chiudeva. Per noi consiglieri fu uno choc, ma io ero l’unico che lo sapeva già. Mi aveva detto, “Stefano siamo in brutte acque”. C’è stato qualche tentativo di salvataggio, di tirare fuori la pallacanestro, ma non si poteva perché la società era lui. Non c’erano più neanche i soldi per pagare la riaffiliazione. In quel periodo lui bluffava, fino all’ultimo, ma era già saltato tutto».

«A me dispiace – aggiunge Daverio - perché in Comense ho dato tantissimo. Ma di Pennestrì posso solo dire bene. Ha sbagliato. Però dico anche che se lui non avesse fatto così, e allora era una prassi per tante società sportive, non avremmo vinto niente».

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