L’aiuto al lavoro
che fa bene a tutti

Sembrava bello e impossibile, il fondo per aiutare i disoccupati a trovare una nuova strada e una speranza. Sì, una di quelle favole troppo belle per essere vere, per tanti motivi. Sindacati e associazioni di categoria nella Camera di commercio avevano remato insieme, con decisione. Si trattava di un segnale estremamente innovativo, perché in Italia è più facile portare avanti il sostegno sotto forma di sussidio.

Era creativa, l’idea, specchio di quel “saper fare” comasco che nelle imprese ogni giorno viene interpretato da imprenditori e lavoratori. Un’armonia che è diventata realtà anche in questa proposta, ma che si è infranta contro il solito mostro che nelle fiabe ha tanti volti pittoreschi. Nella vita quotidiana del nostro Paese, è molto meno vario: ostenta la faccia grigia della burocrazia.

È stato importante non perdere la voglia di lottare - per ironia della sorte la battaglia avveniva quando si lanciava anche la proposta della zona franca della burocrazia -, come pure la capacità di impegnarsi insieme, nonostante le differenze.

Così il Fondo di Solidarietà partirà in effetti a dicembre con l’impegno della Fondazione della comunità comasca , scostandosi dal solco originario perché le risorse non saranno investite nella formazione, nella preparazione attiva per un nuovo futuro. Eppure è ugualmente significativo, e se si vuole suggestivo.

Perché migliora la vita di chi aveva perso un’occupazione e la fiducia, permettendogli di sbrigare piccole opere nei Comuni (con le risorse messe in campo dai promotori). Ma non solo la loro. Chi si sentiva magari ormai inutile e privo di un futuro, potrà riprendere a lavorare, e questo resta il dato fondamentale. Vale doppio, tuttavia, perché renderà migliore l’esistenza degli altri, della comunità intera.

Potrà sistemare quel giardino che le famiglie adorano, ma che risulta troppo spesso inaccessibile per i soliti incivili. O avrà la possibilità di rendere più gradevole la scuola. Piccoli gesti, che diventano grandi, perché fanno il bene di tutti.

E che si spera possano anche diventare contagiosi. Se la città e il territorio vengono tenuti in condizioni migliori, anche chi sporca o danneggia con facilità disarmante, è scoraggiato nel proprio comportamento.

Questa operazione vale 230mila euro (e nel futuro si protrarrà), ma il suo peso non è quantificabile. Per come è nata, per come è stata portata avanti nonostante tutto, per la soluzione creativa che è stata messa a fuoco alla fine e per la volontà di farla diventare un’abitudine.

Abitudine. In genere, è quest’ultima che ci stronca. Specialmente quando ci lasciamo dominare dall’assuefazione agli ostacoli, alle storture, a tutto ciò che non gira come sarebbe giusto e sospiriamo: non possiamo farci niente.

È merito di Como aver spezzato questa credenza su un tema fondamentale e doloroso come la disoccupazione. La vicenda del fondo trasmette un messaggio positivo, smantella gli alibi a cui volentieri ci affezioniamo e racconta che qualcosa può cambiare. Nel piccolo, come nel grande.

Adesso la palla passa direttamente ai Comuni del Comasco, che spesso piangono sull’assenza di risorse e la citano come impossibilità di agire. E ora “niente alibi” vale a maggior ragione per loro.

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