L’ex Brienza non si fida
«Cantù ferita è un pericolo»

Parla il coach di Trento, avversario domani dell’Acqua San Bernardo

«L’emozione? C’è sempre. Se guardo l’altra panchina, è ovvio che sia così…». Avversario sì, nemico mai. Nicola Brienza, capoallenatore della Dolomiti Energia Trento è canturino, ha giocato e allenato a Cantù: è una storia lunga che non si può cancellare.

Ma domenica storia ed emozioni andranno momentaneamente riposte, per una Trento-Cantù fondamentale per gli ospiti, ma anche per i padroni di casa, che hanno comunque con meno assilli di classifica: «Per noi è una partita estremamente importante. Fortunatamente dopo le prime tre giornate abbiamo trovato la nostra identità. Ma abbiamo perso in casa contro Varese prima della sosta e non l’abbiamo affatto digerita. A questo punto, per noi diventa quindi importantissimo sfruttare le partite in casa. Quindi pretendo massima concentrazione contro Cantù, anche perché vogliamo lottare fino all’ultimo per qualificarci alle Final Eight di Coppa Italia».

E, in questo caso, il discorso è apertissimo: «La classifica è veramente indecifrabile, con tante squadre in due punti. Peseranno tanto i recuperi, ma quest’anno va così: bastano due vittorie di fila per trovarsi su e due per precipitare».

Trento arriva alla sfida con Cantù dopo la sconfitta a Lubiana in Coppa. Sconfitta indolore, perché Trento è già qualificata per la seconda fase di EuroCup: «In coppa il cammino è eccellente, abbiamo vinto le prime sei partite, poi sono arrivate tre sconfitte ora tre sconfitte che ci lasciano l’amaro in bocca. Purtroppo nell’ultimo mese abbiamo avuto un po’ di infortuni e qualche caso di Covid che non ci hanno permesso di essere al completo. Per fortuna siamo già qualificati».

A proposito di Covid, Cantù ha sperimentato sulla propria pelle gli effetti di un’epidemia nel gruppo squadra: «Capisco bene la loro situazione. Ho visto quanto sia difficile rientrare e riprendere il ritmo. Poi ci sono le varie sfortune tipiche del campo, come gli infortuni di Smith e Leunen: somma, somma, somma, è normale andare un po’ in debito di ossigeno».

Quanto può fare paura una Cantù che non riesce più a vincere? «Mi aspetto da Pancotto e dalla squadra una reazione d’orgoglio, prima ancora che tecnica e fisica. Non c’è niente di più pericoloso che affrontare una squadra ferita. Dovremo stare molto molto attenti, pure noi siamo un po’ in difficoltà a livello di uomini e dovremo farci trovare pronti».

Sempre a porte chiuse e senza l’apporto del pubblico, ovviamente. Un fattore che incide anche sul lavoro dei coach: «Da un certo punto di vista è più facile, c’è più concentrazione e si ha un rapporto più diretto con i giocatori. Poi però manca tutto il resto: ci sono partite in cui il pubblico dà una spinta che lo staff non può dare. Contro Reggio Emilia abbiamo perso per un paio di episodi: sono certo che con il palazzetto pieno l’avremmo vinta. Però fatemelo dire: meno male che si gioca».

Domani prima della partita… «Guarderò l’altra panchina: vedrò Lanzi che mi curava le caviglie, Visciglia e Gandini con cui ho allenato, Della Fiori che è stato mio compagno di squadra. La palla a due azzera tutto, ma poi tutto torna come prima, al netto dell’arrabbiatura se si perde. Spero che però questo sia un problema solo per Della Fiori…».

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