Le Noci ha detto basta
«È stato tutto bello»

«Qualche rammarico c’è, soprattutto quando non ho potuto fare la B con il Como, dopo averla conquistata»

Più di centosessanta gol in campionato, poco meno di duecento in tutto. Giuseppe Le Noci a 39 anni ha deciso di smettere di segnare, per provare a insegnare a farlo a chi è più giovane di lui.

Che a fare gol cominciò da piccolino, nell’Ardisci e Spera, dove il Como lo trovò a dieci anni. E di segnare Beppe non ha mai smesso, nelle giovanili biancoblù fino alla Primavera e poi un po’ in giro per l’Italia. Ma anche con la soddisfazione di poter ripassare “da casa” e portare anche con le sue reti il Como in serie B, sei anni fa. Una carriera pulita, fortunata, mai interrotta da infortuni. Una storia da raccontare.

Beppe, cominciamo dall’inizio?

Il calcio c’è stato sempre nella tua vita.

A dieci anni ero già nel settore giovanile del Como. La mia vita era lì, cinque anni con mister Tosetti, poi Sannino, Galia, Fontolan, tanti compagni forti, arrivammo alla finale nazionale con la Berretti nel 2001, perdemmo contro il Palermo. Era una bella squadra. Finchè un giorno arrivò Preziosi e mi disse che mi voleva la Lazio.

Una bella botta.

Sì, e fu anche una trattativa importante dal punto di vista economico, andai a giocare nella loro Primavera. Ma la situazione lì era confusa, era la Lazio di Cragnotti, che rischiava il fallimento. E io fui mandato all’Aglianese, in C2.

E da lì cominciò una storia lunghissima in serie C.

Sudtirol, Carpenedolo, Pergocrema, Verona, Cremonese, e poi Como, Teramo, di nuovo Como e infine la Pro Patria. Tantissimi gol, tantissime soddisfazioni.

Ma non ti dispiace non aver potuto salire un po’ di più?

Pensi che te lo saresti meritato?

Ogni tanto ci ho pensato, si un po’ di rammarico c’è. Soprattutto quando non ho potuto fare la B con il Como, dopo averla conquistata. Ma forse un po’ di responsabilità è anche mia, e del resto credo sia meglio giocare in una categoria in cui si è considerati.

Parliamo proprio del Como, cosa ha significato per te tornare da grande, e riuscire anche a vincere?

Non è stato facile. Quando me l’hanno proposto ero un po’ dubbioso, giocare dove sei nato e cresciuto non è semplice, ti senti più responsabilità, una pressione diversa. E qualcuno poteva pensare che sarei venuto qui solo per chiudere la carriera a casa mia. Per fortuna è andata diversamente.

Ma chiudere nel Como ti sarebbe comunque piaciuto?

Sì, certo. Sono tornato anche dopo la promozione, quando il Como è tornato in C, e ci stavo bene. Ma è arrivato quel fallimento che ha scombinato tutto. E in fondo è andata bene anche così, perchè in questi quattro anni alla Pro Patria mi sono trovato benissimo. Mi hanno fatto sentire subito importante, abbiamo vinto al primo anno in serie D e poi fatto buoni campionati in C. E ora sono felice di andare avanti a lavorare con loro.

Come e quando hai deciso di smettere?

Il momento prima o poi sarebbe arrivato. E’ stata determinante la proposta che mi hanno fatto, di poter lavorare nello staff della prima squadra, come collaboratore del mister. Sono convinto di questa scelta. Il calcio è la mia vita, voglio provare a restarci imparando qualcosa di nuovo e di diverso.

I tuoi gol, te li ricordi tutti?

Tutti no, sono troppi... A parte gli scherzi, me ne vengono in mente tanti, qualcuno naturalmente mi dà più emozione. Ricordo il primo in C1 con il Pergocrema, era la prima partita in casa, contro il Ravenna. Ma forse davvero quello più emozionante è stato in finale con il Bassano, con il Sinigaglia pienissimo. Quello è stato un momento formidabile, una delle mie gioie più grandi.

E c’è anche qualche gol molto bello.

Per esempio quell’anno con la Cremonese, quando finì 3-3. Io segnai una doppietta in quella partita, e uno fu un bellissimo gol. Ma tra i più emozionanti metto anche l’ultimo della mia carriera, quest’anno con la Pro Patria. Non sapevo che fosse l’ultimo, ma fu ugualmente bellissimo perchè giocavo poco, per me è stata una stagione un po’ difficile: e al 94’ segnai il gol del pareggio con la Carrarese. Un gol festeggiatissimo da tutta la squadra. Ho chiuso con un ricordo che resterà bellissimo.

Hai avuto tanti allenatori. Chi ti è rimasto dentro particolarmente?

Vorrei dire tutti. Perchè ogni allenatore insegna qualcosa, per me è stato così, fin dal settore giovanile. Non lo si può capire subito, lo si realizza dopo, solo crescendo e maturando ci si rende conto del perchè ti venivano dette certe cose, o venivano fatte certe scelte.

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