Coronavirus in Ticino
Un dipendente su due
in cassa integrazione

Drammatici i dati sul lavoro ridotto diffusi dalla seco. Intanto genitori preoccupati per la riapertura delle scuole l’11 maggio

È la sempre solerte Segreteria di Stato dell’Economia a certificare che il Ticino non è solo il Cantone più colpito dal punto di vista sanitario (3235 i contagi con 324 decessi, uno in più rispetto a sabato) dall’emergenza Coronavirus, ma anche sotto il profilo economico. Nel mese di aprile, in Ticino, per il 48,5% dei lavoratori dipendenti - inclusi i frontalieri - si è dovuti ricorrere all’indennità di lavoro ridotto (o cassa integrazione). Un dato che la dice lunga sull’andamento dell’economia cantonale. A livello federale la percentuale riferita al lavoro ridotto si è attestata al 36,7% con 1 milione 903 mila lavoratori coinvolti.

«Il lavoro ridotto concesso dal Governo federale rappresenta una boccata d’ossigeno per le imprese e per i lavoratori, considerato che questi ultimi rimangono all’interno del sistema economico, attendendo la fine di questo periodo buio anche per l’economia - sottolinea Sergio Aureli, esperto di tematiche transfrontaliere -. Si tratta di un provvedimento pensato per l’emergenza Covid 19. Verrebbe da chiamarlo “lavoro ridotto Covid 19”, caratterizzato da requisiti meno stringenti e formulari più semplici per agevolare le imprese, affinché il tutto resti allo status quo, pronti per riprendere la normale attività. In questo contesto non si può dimenticare il prestito a garanzia federale che arriva sino al 10% del fatturato dell’anno precedente, così da poter far fronte alle spese giornaliere, dall’energia elettrica all’affitto».

Il tema del lavoro resta centrale nelle dinamiche ticinesi, anche se certo anche all’interno della politica cantonale non mancano i distinguo in vista della “fase tre” (la “fase due è iniziata lunedì scorso, in anticipo di una settimana rispetto all’Italia), che scatterà lunedì prossimo, con la riapertura di bar e ristoranti. «Un provvedimento, quello della riapertura degli esercizi pubblici, che ci ha colto di sorpresa, considerato che inizialmente era prevista ai primi di giugno - le parole del ministro ticinese Norman Gobbi a TeleTicino -. Come autorità cantonale sollevato diversi quesiti all’autorità federale proprio perché non c’è chiarezza». Sarà importante tenere alta l’attenzione da qui ai prossimi giorni, tenendo conto del fatto che la voce “bar e ristoranti” riguarda da molto vicino tantissimi frontalieri. L’altro tema “caldo” è quello delle scuole, che riapriranno come indicato da Bellinzona l’11 maggio con tutti gli accorgimenti del caso (classi a rotazione fino a un massimo di 11-12 studenti, ad esempio).

Con il sindaco di Lugano, Marco Borradori, ancora sulle barricate e più che mai deciso a dire no alla riapertura, nella giornata di ieri sono stati resi noti i risultati di un sondaggio - promosso dalla Conferenza cantonale dei genitori - in base al quale ben 2 genitori su 3 si sono detti preoccupati per la riapertura.

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