Rompe le costole alla convivente
«Fu legittima difesa»: assolto

Durante un litigio tirò un calcio al volto della madre di suo figlio

Como

Era finita in ospedale con due costole rotte e il naso fratturato e una prognosi superiore ai 30 giorni. E così il convivente è stato accusato di lesioni gravi. Ma a processo, grazie anche alla testimonianza del figlio minorenne, ha dimostrato che quel giorno a picchiare con maggiore rabbia sarebbe stata più lei che lui. E così il giudice ha derubricato l’accusa in eccesso colposo di legittima difesa e, in mancanza di una denuncia esplicita da parte della donna, ha assolto l’imputato.

A raccontarla così sinteticamente suona quasi paradossale, la vicenda che vede protagonista un uomo comasco, oggi 53enne, e la sua ex convivente (omettiamo i nomi per la presenza di un figlio minorenne, comunque testimone dei fatti e parte attiva nel processo).

L’episodio risale al 30 gennaio del 2018. La Procura lo racconta così: l’imputato ha trascinato la vittima per i capelli e l’ha colpita con un calcio al volto cagionandole le lesioni personali di cui abbiamo dato conto qualche riga sopra. Lui - assistito dall’avvocato Simone Gatto - si è difeso raccontando che quel giorno la convivente avrebbe accolto lui e il figlio, di rientro a casa, a male parole. Arrivando a tirare un calcio all’uomo «nelle parti basse» e poi gettandolo sul divano. A quel punto «per divincolarmi le ho dato un calcio, credo sul volto. E lei è caduta su un tavolino dove credo si sia fratturata le costole».

Nonostante la versione della difesa, la Procura ha mandato a processo l’imputato senza cambiare di una virgola la propria imputazione. Nel frattempo, però, essendo passati tre anni dai fatti ed essendo così cresciuto il figlio, il giudice ha deciso che il ragazzo avrebbe finalmente potuto raccontare la sua versione, da testimone imparziale.

E quella versione, in effetti, ha confortato la ricostruzione fatta dal padre. In realtà dietro a quell’episodio si cela una storia famigliare non certo facile. Con intervento da parte degli assistenti sociali e del Tribunale per i minori soprattutto a sostegno di una madre, che avrebbe denunciato negli anni diverse fragilità. Proprio questo quadro, assieme ovviamente alla testimonianza del figlio, hanno convinto il giudice a cambiare l’accusa nei confronti dell’uomo.

La sentenza

La reazione, secondo il giudice, è sicuramente stata eccessiva, ma sarebbe comunque legata a un tentativo di opporsi a uno scatto d’ira della donna. Da qui l’accusa di eccesso colposo di legittima difesa, reato che però può essere contestato solo a fronte di una denuncia da parte della vittima. Denuncia che non c’era, anche perché la donna ha rinunciato a presentarsi in aula contro l’ex convivente. Quindi è scattata l’assoluzione.

«Siamo soddisfatti dell’esito della vicenda - è il commento dell’avvocato Gatto - In queste materie, la presunzione di colpevolezza è la base dalla quale partire per difendere un marito innocente».

© RIPRODUZIONE RISERVATA