la libertà non è
star sotto a un albero

Se, come cantava Giorgio Gaber, “la libertà non è star sopra un albero”, figuriamoci sotto. Specie se la pianta in questione si schianta al suolo com’è accaduto, in una giornata di vento forte sì ,ma che a Trieste, forse, manco se ne sarebbero accorti, nel cortile di palazzo Cernezzi, con una persona ferita, un’auto distrutta e una danneggiata, vetture entrambe di assessori.

La polemica la conoscete. L’architetto Fulvio Capsoni, già amministratore comunale ed ex componente della commissione paesaggio, aveva scritto una lettera al sindaco per avvertire della pericolosità del cedro. Se la missiva è rimasta morta, la pianta, a quanto pare e si evince dal parere fornito da un agronomo nel 2018, non stava tanto bene. Anzi soffriva di una malattia degenerativa. Sapete come vanno queste cose: per i vegetali come per gli uomini. Se uno è già acciaccato di suo, può bastare un po’ di vento più forte e impetuoso del solito a far precipitare la situazione. E non solo quella. A quanto pare. Marco Galli, assessore e persona coscienziosa, certo è in perfetta buona fede quando afferma che prima di abbattere una pianta tanto maestosa, come suggerito dall’esperto, bisognava tentarle tutte. Però è un fatto che il crollo sia finito addosso anche a lui in maniera addirittura meno indiretta rispetto ai colleghi che hanno visto colpite le loro autovetture.

Per fortuna non è andata peggio. Ma la vicenda può insegnare qualcosa a tutta l’amministrazione. Non fosse altro perché la giunta Landriscina e, in particolare, la principale forza che la sostiene, la Lega, ha fatto della sicurezza un punto fondante del proprio programma. Da lì è partito e arrivato anche il molto divisivo, all’interno della stessa maggioranza comunale, nuovo regolamento di polizia locale. Sicurezza certo è anche quella che serve a difenderti dai malintenzionati, che non coincidono necessariamente con coloro che fanno la questua nelle strade del centro o sono costretti, più o meno per le stesse ragioni e neppure del tutto malcelate, a passare le notti all’addiaccio perché qualcuno ritiene che nuovi dormitori siano troppo attraenti per altre persone prive di un tetto sotto il quale mettere la testa (evitate gli alberi, per favore). Sicurezza è anche la libertà del cittadino di poter camminare per la strada o di transitare nel cortile di quella casa di tutti che è il municipio, senza rischiare di essere importunato o aggredito da un’essenza arborea qualunque sia l’etnia del verde essere vivente.

Si parla sempre quando avviene un dramma o una tragedia che hanno come protagonisti degli “umani” di evento annunciato, allarmi ignorati e così via.

Lo stesso cliché può essere utilizzato quando ci sono in mezzo altri attori della natura, anch’essi vittime di trascuratezza, sciatteria e incuria. Tutti elementi che, ahinoi, contribuiscono a dare la cifra di un’amministrazione che alla tutela dei propri cittadini dovrebbe pensarci, senza neppure sentire la necessità di sbandierarlo, a 360 gradi. La libertà di poter circolare per le vie di Como senza subire agguati da qualsivoglia essere vivente è un diritto naturale. La libertà, per riagganciarsi alla canzone di Gaber, è “partecipazione”. Un altro elemento che manca a questo governo cittadino, arroccato sui propri pre concetti, anche in termine di sicurezza, e chiuso a buona parte dei contributi esterni su tante questioni che potrebbero contribuire a migliorare la vita in questa città.

La libertà non è star sopra un albero, e neppure in cima a una poltrona, seppur prestigiosa, dentro un palazzo chiuso.

Le idee, come ci insegna la storia, a volte arrivano anche stando sotto le piante, a patto che non ci cadano in testa.

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