Erba, il racconto inedito: «Io, in casa Romano la sera della strage. Quel bimbo morto non lo scorderò mai»

Esclusivo Parla per la prima volta il pompiere che fece rientrare Rosa e Olindo nell’abitazione: «C’era poco sangue sulle scale? Al contrario: ricordo i segni lasciati dalla signora Valeria ferita»

Dopo diciassette anni c’è ancora qualcosa che non si è detto sulla strage di Erba? Ebbene sì. Non si è detto, fino a oggi, che la sera dell’11 dicembre uno dei soccorritori, dopo essere stato a lungo sia nell’abitazione di Raffaella Castagna che nell’appartamento dei Frigerio, calpestando sangue, acqua, fuliggine, è poi entrato pure nella casa di Rosa Bazzi e Olindo Romano. Eppure, un mese più tardi, i Ris non troveranno alcun elemento riconducibile alla scena del delitto nella casa dei Romano.

Per la prima volta, dopo tutti questi anni, parla il vigile del fuoco che ha riaccompagnato in casa i coniugi Romano, la sera della strage. Lo fa in una chiacchierata esclusiva con La Provincia e con la trasmissione Quarto Grado. Lui si chiama Aldo Remo Bilotta, oggi in pensione, per quasi 40 anni pompiere tra Como e la squadra elicotteristi di Malpensa.

Sulla scena del crimine

«Arrivai in via Diaz, quella sera, con l’allora comandante, dopo le prime squadra: i colleghi avevano quasi spento l’incendio. Il cortile era affollato» ricorda. Affollato e ricoperto d’acqua, al contrario di quanto sostiene oggi la difesa dei due condannati: «Il comando, per incendi così, manda sempre come minimo due autobotti, ovvero ottomila litri d’acqua. Nel cortile avevamo messo il divisore che dalla manichetta più grossa passa il flusso e quelle più piccole, e di acqua ne perde».

Riguarda le foto dell’abitazione di Raffaella, Aldo Bilotta. Che non si permette di fare ipotesi o sostenere tesi, ma che offre un punto di vista che sembra inconciliabile con la tesi difensiva dei killer ritornati in quella casa a incendio in corso: «Lì dentro si è raggiunta una temperatura altissima. In un incendio di quel tipo non si può star lì più di 10 minuti, poi dopo il fumo e il calore impediscono di starci. Sicuramente chi ha appiccato il fuoco dopo pochi minuti è stato costretto ad andarsene». Da cosa si capisce che la casa si è trasformata in un forno? «Si vede dalle bruciature riscontrate all’interno: la perlinatura del soffitto è carbonizzata, per esempio» indica mentre vede la foto.

Nell’abitazione dei condannati

La mente torna al primo impatto con la palazzina dell’orrore: «Ricordo l’ingresso della casa, il corpo di una donna. Poi un’altra... e il corpo del bambino sul divano. E fuori, sulle scale, mi ricordo questa parete salendo verso la l’abitazione della signora Cherubini con una strisciata di sangue, come se qualcuno ferito si appoggiasse al muro per sostenersi e poter salire le scale». Eppure la difesa sostiene che su quel pianerottolo di sangue non ne è stato trovato: «Lo ricordo eccome, il sangue. Quella striscia lunga tutto il tratto fino alla mansarda».

C’è un’immagine ormai famosa, della sera della strage: Rosa Bazzi che entra nel cortile e prende il braccio a un pompiere. Quel vigile del fuoco è proprio Aldo Bilotta: «Ricordo questa donna che si avvicina, mi prende sottobraccio e mi chiede se fosse possibile entrare nella propria abitazione. Era molto insistente in questa richiesta, anche se sempre gentile. Io ho chiesto ai carabinieri se fosse possibile, loro mi hanno autorizzato e allora li ho accompagnati nella loro casa. Siamo entrati: lei davanti, Olindo dietro. Non mi ricordo che mi abbiano mai chiesto nulla di cosa fosse successo al piano di sopra. Abbiamo girato tutte le stanze e ricordo che hanno commentato che “per fortuna non è successo niente a casa nostra”».

Che ricordo ha di quella casa? «Immacolata. Sembrava bra quasi non abitata. Era perfetta, tutta in ordine. Non c’era niente fuori posto. Un ordine e una pulizia quasi maniacali». Pulizia che è proseguita per tutto dicembre, come dimostra l’assenza di tracce della scena del delitto lasciate dal pompieri: «Sicuramente ho calpestato del sangue, nella palazzina».

Oggi, 17 anni dopo, quando sente parlare della strage di Erba qual è la prima immagine nei ricordi di Aldo Bilotta? «Il bambino sul divano».

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