Addio Carla Manoukian: la famiglia e la fede al centro della sua vita

Il lutto Comasca, era figlia di un medico molto noto. Un’unione felice con l’industriale Noubar e 10 figli. Si è spenta a 88 anni attorniata da tutti i suoi cari

Il primo incontro di Carla Manoukian con il giovane Noubar, brillante industriale in ascesa, fece scoccare subito la scintilla.

Un fulmineo amore reciproco, lo sposò quando aveva solo 22 anni. Lei era molto attraente e corteggiata, di quella bellezza che resiste con il passare degli anni, figlia di uno dei più noti medici comaschi, il dottor Luigi Asti, radiologo per passione e padre rigoroso.

Lui, di stirpe armena dai costumi austeri, aveva una simpatia innata e un calore umano che dispensava a chiunque fin dal sorriso e dalla stretta di mano. Entrambi erano credenti con sincerità, profondità di sentimento e di pensiero.

Matrimonio felice

Un matrimonio felice, ma Carla si rese subito conto che il marito, pur adorandola, aveva un’insopprimibile missione da svolgere, divulgare i principi del cristianesimo agendo in prima persona anche attraverso istituzioni chiesastiche di apostolato e di formazione, ma prestò la sua opera evangelica nella società da uomo libero.

Il suo principio era che il mondo doveva riequilibrarsi attuando la fratellanza, trasformandosi il più possibile in una grande famiglia: mise lo stesso principio/guida in pratica nella sua famiglia, che volle ampliata. E con Carla, che non ostacolò mai le idee del marito malgrado spesso lo tenessero fuori da casa, ebbe dieci figli. Uno dopo l’altro, anno per anno.

Noubar fu un marito amorevole, un padre sollecito, un nonno dolcissimo. Ma Carla fu l’anima della famiglia. Gli estranei vedevano in lei una donna bella, elegante, eternamente giovane, riservata ma sorridente, lettrice infaticabile nei momenti di riposo, che nella vita pratica cercava anche di far valere gli studi di medicina e farmaceutica.

Dal canto loro, i figli contavano su una madre che ha sempre garantito la sua affettuosa presenza, dosando con amorosa delicatezza l’educazione e mostrandosi costante nell’esercizio della fede. Una donna forte, generosa, limpida, una “colonna portante”, come ha detto uno dei suoi cari, di una famiglia dalle dimensioni eccezionali, senza fare distinzioni per alcuno.

La villa di Faggeto

Fino a pochi anni fa, aveva tenuto una villa a Faggeto per tutti, perché i figli potessero crescere in uno spazio luminoso e tranquillo, mentre la dimora familiare era stata trovata di comune accordo a Como con i sette figli che non erano andati a vivere lontano, una residenza domestica dove lei era circondata e assistita pur mantenendo la propria indipendenza e insieme animando una dimora storica dove un tempo aveva avuto rifugio Tommaso Rodari, il Gran Maestro del Duomo.

Questa signora ha dato ieri l’addio nella sua casa a 88 anni, non dimostrando ancora la sua età fino ai suoi ultimi giorni e intorno ha avuto la gioia di vederseli intorno tutti, figli e nipoti.

Nel silenzio della sofferenza ha imitato per l’ultima volta l’adorato consorte non guardando avanti ma in alto, il più in alto possibile, dove c’è la pace.

Lo ricordava don Peppino Brusadelli, indimenticato direttore del giornale cattolico L’Ordine, non scrivendo più, preferendo dettare i suoi discorsi, particolarmente quelli dedicati ai virtuosi, ai fedelissimi. E con la voce commossa, carezzevole, non più burbera nel rimproverare certi politici poco rispettosi, osservava che le persone cristiane caritatevoli e oneste meritavano un elogio soprattutto perché sapevano pregare. Senza scandire le parole, soltanto sussurrandole. Però sapendo che, venendo da loro, salivano direttamente al cielo.

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