La famiglia del comandante non ci sta: «Follia? Affatto: il brigadiere ha agito con lucida determinazione»

L’omicidio di Asso L’avvocato della famiglia Furceri: «Il dolore, la sofferenza e la disperazione che la famiglia sta patendo sono alleviati dalla convinzione che abbia costituito il sacrificio di un intransigente servitore dello Stato»

«Non ritengo che il grave fatto di sangue possa essere liquidato in modo semplicistico come un gesto di un folle. Al contrario, le indagini in corso stanno facendo emergere una lucida determinazione sia nella fase progettuale, sia in quella esecutiva». A giorni di distanza dall’efferato delitto di Doriano Furceri, comandante della stazione dei carabinieri di Asso, la famiglia del militare interviene per la prima volta e lo fa dando mandato all’avvocato Paolo Camporini – del foro di Como – che ne curerà gli interessi da qui in avanti. E il primo atto ufficiale del legale – depositata la nomina – è proprio quello di intervenire nella vicenda mettendo in chiaro, in modo netto, alcune cose.

Camporini rappresenta la moglie del luogotenente, i tre figli, i due fratelli e anche le due sorelle, che rimangono chiusi nel loro silenzio in attesa di poter dare l’ultimo saluto al loro marito, padre, fratello. «Il dolore, la sofferenza e la disperazione che la famiglia sta patendo per la morte di una persona tanto cara, specie se ingiustificabile e cruenta, sono alleviati soltanto dalla convinzione, confermata dagli accertamenti sull’accaduto, che abbia costituito il sacrificio di un intransigente servitore dello Stato nell’interesse esclusivo della collettività – dice l’avvocato Camporini – Il comandante Furceri, anche in contrasto con provvedimenti amministrativi assai discutibili che saranno oggetto di una attenta analisi da parte nostra e degli inquirenti, ha anteposto alla propria stessa vita il senso del dovere e l’amore per la divisa, non indugiando ad imporre il rispetto delle regole a tutela dei cittadini, come da sempre era abituato a fare».

Poi il punto cruciale e perentorio dell’intervento: «Non ritengo che il grave fatto di sangue possa essere liquidato in modo semplicistico come un gesto di un folle, atteso che la malattia mentale, per essere valutabile in punto di imputabilità, deve essere di consistenza, intensità e gravità tale da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere al momento del fatto. Al contrario, le indagini stanno facendo emergere una lucida determinazione sia nella fase progettuale, sia in quella esecutiva, come confermato anche dagli esiti dell’autopsia».

Il legale della famiglia Furceri – in chiusura – chiama in causa anche quello che è avvenuto dopo, ovvero il blitz dei Gis, «in cui solo grazie all’esperienza dei militari e alla loro prontezza è stato scongiurato un secondo omicidio». Ricordiamo al riguardo che anche nel corso del blitz per liberare la caserma di Asso e arrestate Milia, quest’ultimo aveva esploso ben tre colpi di pistola.

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