Le malattie reumatologiche: ecco le nuove frontiere di cura

Ricerca e terapia Dalla spondilite anchilosante all’artrite psoriasica. Oggi sono diversi i farmaci biotecnologici utilizzati dagli specialisti

Nel corso degli ultimi vent’anni le conoscenze in ambito reumatologico sono decisamente aumentate e questo ha consentito un miglioramento nella diagnosi e importanti novità anche sul fronte delle terapie. Resta fondamentale però la sensibilizzazione, anche degli operatori sanitari, su queste tematiche, in modo da diffondere sempre più la conoscenza e consentire una presa in carico precoce dei pazienti. Con questo obiettivo tornano le Giornate reumatologiche del Gaetano Pini-Cto di Milano, un calendario di appuntamenti formativi per addetti ai lavori, che ha lo scopo di fornire nozioni e strumenti ai medici e ai pediatri per curare le patologie reumatologiche.

Tra le tematiche trattate quella delle spondiloartriti, un gruppo di malattie reumatologiche che hanno delle caratteristiche comuni, seppur ognuna con delle peculiarità specifiche. «Le due forme più importanti in termini di prevalenza – spiega Ennio Favalli, dirigente medico di reumatologia presso l’Asst Pini-Cto, Università di Milano – sono la spondilite anchilosante e l’artrite psoriasica. Le spondiloartriti sono caratterizzate da una sintomatologia muscolo scheletrica che può coinvolgere tanto la colonna quanto le articolazioni periferiche».

Più diffuse tra le donne

Le malattie reumatologiche sono generalmente più diffuse nella popolazione femminile, ma nella spondilite anchilosante c’è una prevalenza maschile con un rapporto di 3:1, nell’artrite psoriasica la prevalenza è di 1:1. «Il sintomo cardine della spondilite anchilosante – prosegue il medico – è il dolore, ma si tratta di un dolore che ha delle particolari caratteristiche. Si distingue, infatti, dal classico mal di schiena da artrosi o da lombosciatalgia, in quanto compare in maniera più significativa durante la notte ed è associato a una marcata e prolungata rigidità mattutina che può durare fino alle prime ore del pomeriggio». La patologia si manifesta tra i 20 e i 40 anni di età, un campanello d’allarme importante quindi in termini di diagnosi. «Il ritardo diagnostico purtroppo – conferma Favalli – è ancora oggi un problema. Si parla anche di sette anni dalla comparsa dei primi sintomi, ecco perché è fondamentale sensibilizzare i medici in questo senso». La diagnosi solitamente prevede, oltre a una attenta anamnesi, l’esecuzione di esami del sangue, un test genetico (ricerca dell’Hla-B27), oltre a una risonanza magnetica del bacino e/o della colonna lombare.

Terapie a vita

Per quanto riguarda l’artrite psoriasica, invece, generalmente la malattia interessa le articolazioni periferiche che presentano i classici segni dell’infiammazione (arrossate, dolenti, gonfie e calde al tatto). Si può manifestare in persone che hanno una psoriasi della pelle o che hanno una famigliarità con la stessa. «È opinione diffusa che la psoriasi sia una malattia esclusivamente cutanea – precisa lo specialista – ma in realtà solo nell’80% dei casi è una malattia esclusivamente cutaneo, ma nel restante 20% può comportare anche un interessamento muscolo scheletrico e, in una piccola percentuale, esclusivamente muscoloscheletrico». La diagnosi, anche nel caso dell’artrite psoriasica, non è immediata, seppur più precoce rispetto alla spondilite anchilosante.

Oggi sono diversi i farmaci biotecnologici che possono essere utilizzati dagli specialisti . Si tratta di terapie che vanno seguite a vita in quanto, se non trattate, queste malattie possono provocare gravi danni anatomici con una conseguente perdita di funzionalità ed insorgenza di disabilità.

«I farmaci biotecnologici – conclude Favalli – ci consentono di bloccare l’attività di sostanze infiammatorie (citochine) e cellule del sistema immune coinvolte direttamente nello sviluppo delle spondiloartriti, ottenendo così a uno spegnimento dell’infiammazione con un conseguente miglioramento dei sintomi e della progressione della malattia. Va detto che non c’è una sequenza di utilizzo di questi anticorpi monoclonali o degli altri farmaci a disposizione, in quanto la modalità di espressione di queste malattie nelle diverse persone è estremamente variabile. Accanto alla terapia farmacologica sono fondamentali un corretto e costante approccio fisioterapico e un’attività fisica regolare».

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