Miracolo Alcione, Cusatis in panchina

Protagonisti L’allenatore comasco ha guidato la terza squadra di Milano alla storica promozione in serie C

C’è una fiaba calcistica che occupa da tre giorni le pagine dei quotidiani nazionali: quella dell’Alcione, la terza squadra calcistica di Milano, promossa in serie C. Ebbene, in questo miracolo sportivo, ci sono due comaschi con un ruolo importante: Riccardo Bellotti, responsabile del settore giovanile, e (soprattutto) Giovanni Cusatis, l’allenatore, milanese, certo, ma ormai lariano di adozione da decenni. Cusatis è andato all’Alcione tre anni fa, in D, lo scorso anno è arrivato secondo, bocciato al ripescaggio per questioni legate all’impianto, e quest’anno promosso da dominatore a due giornate dalla fine del campionato. Cusatis ha una storia calcistica legata a doppio filo con Como, nel quale ha giocato e allenato nel settore giovanile. Abita a Como da oltre vent’anni.

Cosa avete combinato?

Mamma mia. Una cosa bella, davvero.

In questi casi si parla di miracolo, ma si rischia di banalizzare il lavoro che c’è dietro a certe imprese.

Vero. Ma l’eccezionalità resta. Una società che si è sempre occupata di settore giovanile, in una piazza particolare come Milano, che centra la promozione in C, praticamente senza tifosi. E che giocherà all’Arena.

Senza tifosi?

Alle partite vengono quel centinaio di simpatizzanti. Adesso però faremo una grande festa con tutte le squadre del settore giovanile e ci saranno 800 persone.

Tre anni all’Alcione, dopo aver allenato in C.

Mi piace andare a lavorare dove c’è un progetto, dove si può programmare. Negli ultimi due anni abbiamo perso solo 9 partite. Una bella impresa.

Una C casuale o programmata?

Programmata, nel senso che a un certo punto la società ha spinto sull’acceleratore e ce l’abbiamo fatta. Adesso c’è il problema dell’Arena. La società vuole giocare lì, ma bisogna fare dei lavori. Infatti l’avevamo lasciata per il Kennedy. Ma il progetto è giocare lì. Credo addirittura che i presidenti vogliano consentire l’ingresso gratuito.

Presidenti?

Sì, ci sono due presidenti. Anche perché è una società con due matricole, che differenzia il grosso patrimonio umano dei giovani in due strutture.

Alcione di Milano, colore arancione: ma più vicino al Milan o all’Inter?

Credo che un presidente sia interista e uno milanista... (ride, ndr).

Parliamo un po’ di lei. Quanto è comasco?

Tanto. Abitavo a Milano, ma ho fatto tutta la trafila del settore giovanile sino a giocare in quella Primavera bellissima con Notaristefano, Annoni eccetera. Poi sono andato a giocare in C, dopo Solbiate. Molto al sud, Siracusa, Catania, Casarano, Teramo ecc. Poi Novara e Legnano. Ma quando ho smesso e ho cominciato ad allenare, sono tornato a Orsenigo. Nel frattempo, nell’ultimo anno di Primavera, avevo conosciuto mia moglie Patrizia, comasca. E dunque.

Vice di Gattuso in D nel 2005-06.

Sì, fu una esperienza molto formativa. Nonostante sia finita male, con la sconfitta ai playoff con la Tritium, la conservo tra i ricordi belli perché eravamo due comaschi sulla panchina della nostra squadra del cuore. Ed è una esperienza, appassionante.

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