Bussa alla vicina: «Toc toc, sono la morte». A processo per stalking di condominio

Il processo Vittima una donna di 34 anni che avrebbe subito vessazioni per tre anni - Undici i testimoni chiamati a riferire sulla vicenda, la sentenza attesa prima dell’estate

«Toc toc, sono la morte», diceva bussando alla porta della casa della vicina.

Vittima una donna di 34 anni che per mesi e mesi ha subito pressioni e vessazioni pesanti, riassumibili in un termine: stalking di condominio. Parla di questo un processo che ha visto sfilare in queste ore ben 11 testimoni in una sola giornata (otto quelli che poi si sono materialmente presentati), tutti a raccontare elementi utili al giudice per farsi un’idea di una storia pazzesca che vede sul banco degli imputati un comasco di 51 anni, accusato di aver fatto passare anni da incubo – nel vero senso della parola – alla propria vicina di casa.

Tapparelle abbassate

La donna non si sentiva al sicuro, viveva con le tapparelle abbassate e le finestre perennemente chiuse e per rientrare in casa rimaneva al telefono con persone a lei care, per paura di quel vicino che la minacciava.

In aula sono stati ben tre i fascicoli che sono stati riuniti in uno solo, per fatti che sarebbero iniziati addirittura del 2018 proseguendo fino al 2021. Non riportiamo il nome dell’imputato a tutela della parte lesa, in un fascicolo per stalking e minacce che rientra in quella sezione che abbiamo imparato in questi anni a conoscere come “codice rosso”.

Anche i genitori e l’ex

Il processo, dopo la lunga sfilata di testimoni, tornerà in aula in giugno quando verrà sentita la donna vittima delle molestie, ma anche i genitori e l’ex fidanzato, pure lui coinvolto nelle pressioni e negli atti compiuti dal vicino. Uno degli episodi più clamorosi risale al 24 ottobre 2018, quando l’imputato bussò alla porta della vittima dicendo «toc toc sono la morte» e aggiungendo frasi come «prometto che berrò il vostro sangue», oppure «questa volta entro e vi uccido».

L’imputato è difeso in aula dall’avvocato Ferruccio Felice, mentre la famiglia vicina di casa è costituita parte civile. Le indagini erano state portate avanti dalla squadra Mobile di Como, con anche il supporto dei carabinieri nel raccogliere la denuncia.

Il racconto, da parte della vittima, aveva dato il via all’inchiesta che – dato che gli atti e le molestie continuavano ad aggiungersi – aveva portato all’apertura di ben tre fascicoli poi riuniti in uno solo. Secondo la tesi della procura, che ha chiesto il processo per il vicino di casa, la vittima – che è soprattutto la donna di 34 anni, seppur nella vicenda siano rimasti coinvolti anche i parenti – era stata costretta a modificare pesantemente le proprie abitudini di vita, spaventata da quel vicino che la minacciava «cagionandole un grave stato di ansia e di paura, ingenerandole un fondato timore per la propria incolumità».

Tanto che la donna, come detto, non apriva più le finestre e nemmeno alzava le tapparelle, entrando ed uscendo di casa “scortata” da persone oppure al telefono con amici e parenti.

Questa è ovviamente la versione sostenuta dall’accusa e dalla vittima, ma in aula avrà occasione di poter parlare e offrire il proprio racconto anche l’imputato. Solo in seguito giungerà la sentenza, attesa prima dell’estate.

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