Rapinese e il futuro: «Ben saldi a terra, altro che visioni»

L’intervista Il sindaco dopo le parole di Paolo De Santis «Anni di chiacchiere, ma hanno creato solo problemi»

Alla città futura tratteggiata nel libro “I visionari” presentato venerdì sera nella Sala Bianca del Teatro Sociale e alle critiche mosse dall’imprenditore Paolo De Santis a una città «in declino», che «ha perso dieci anni» per investire sul suo futuro e sui giovani e ancora «silenziosa», «stanca» e che «sui grandi temi (stadio, Ticosa, lungolago) fa decidere gli altri», il sindaco Alessandro Rapinese contrappone quella degli interventi realizzabili replicando duramente a 360 gradi alle contestazioni. Invita, al contrario, a tenere i piedi «ben piantati a terra» con «politiche concrete e risolutive» e respinge al mittente l’accusa di delegare all’esterno l’urbanistica e le scelte su questioni dibattute a lungo.

Il primo cittadino non risparmia più di una stoccata a tutta l’imprenditoria locale colpevole, secondo lui, di non aver messo in atto «azioni concrete con i proventi dei loro affari in favore della città». E arriva a dire di voler dare la cittadinanza onoraria alla famiglia indonesiana Hartono, proprietaria del Como 1907, «così finalmente potremo vedere imprenditori comaschi che investono per il bene del loro territorio e non solo per il proprio».

Partiamo dalle riflessioni dei “visionari” e dall’idea della Como futura che passa dal confronto e da progetti di ampio respiro e non concentrati sul presente. Sei interventi, tra cui quelli di Paolo De Santis, Moritz Mantero e Gianluca Brenna, che hanno come denominatore comune quello di pensare alla città del domani.

Più che visionari mi sembra sia stato un incontro di allucinati. Sono in giro da cinquant’anni e da cinquant’anni in questa città non è cambiata “una mazza”. Se invece di abbandonarsi a visioni, guardassero cosa ha fatto la mia amministrazione, capirebbero che stiamo adottando politiche concrete e risolutive.

Tra i temi sul tavolo De Santis ha evidenziato quello della Ticosa dicendo che è una sfida, «che bisogna giocarsela», lasciando intendere che il parcheggio è un’idea al ribasso e, soprattutto, auspicando «una progettazione della città», non proveniente dall’esterno. Cosa risponde?

Mentre si continuano a fare chiacchiere sulla Ticosa, che i loro amici hanno lasciato così per cinquant’anni, ora c’è un progetto che, quantomeno, si prende in pancia i 12 milioni per bonificare la nostra Chernobyl. Mentre loro elucubravano soluzioni l’amianto è rimasto lì bello “paciarotto”.

E ha parlato di una città che delega agli altri le scelte sulle grosse questioni. Oltre alla Ticosa ha citato il futuro dello stadio. Tutto in mano ai privati e il Comune non tocca palla?

Sullo stadio non si muove foglia che Rapinese non voglia e, quindi, non sta decidendo nessun altro che non sia l’amministrazione comunale democraticamente eletta. Quello che vuole Rapinese è esattamente ciò che vuole il Como 1907. Se De Santis non è d’accordo, vada pure a vedere il Lecco in serie D. Sicuramente lo ospiteranno in tribuna d’onore.

Tra gli esempi di progettazione extra cittadina c’è anche il lungolago...

Contrariamente ai loro amici che ci hanno provato ma hanno incasinato tutto, io lo restituirò alla città. Ma lo farò anche con i giardini a lago, Villa Olmo e rifarò viale Geno. Lo farò bene e non in cinquant’anni.

De Santis ha evidenziato inoltre il tema di una città che dovrebbe diventare calamita per giovani talenti. E ha inoltre evidenziato che negli ultimi dieci anni non sono stati fatti passi in avanti. Como non crede nei giovani?

Forse sono troppo impegnati nei loro salotti con le loro visioni per aver visto una delibera della mia amministrazione che riguarda il grande progetto, in partnership con l’Insubria, per trasformare l’ex casa albergo di via Volta in un trionfo degli universitari che, altrimenti, non possono venire a Como. Oggi quella delibera è a Roma.

Impossibile non citare la fuga del Politecnico da Como nel 2014 dopo il mancato finanziamento al campus.

Ricordo che i loro amici hanno, con i fondi Emblematici Cariplo, cacciato il Politecnico e trasformato Villa Olmo nella più grande area cani di Lombardia. A proposito, il progetto che ho trovato per riqualificare le serre prevedeva che, in caso di neve, venissero puntellate ed evacuate. L’impiego di fondi di Fondazione Cariplo da loro avallato in passato consentiva anche questo. Quel progetto è stato rifatto.

Capitolo a parte è quello del boom turistico e della necessità che sia governato.

Abbiamo messo in campo forze non ancora sufficienti, ma progressive e che daranno risultati. Di sicuro oggi la rotazione dei parcheggi è aumentata, abbiamo forze mirate che intervengono per la pulizia nei weekend e controlli anche nel parco di Villa Olmo.

Strettamente legato, ha sottolineato De Santis, c’è l’esplosione delle case vacanza con una città meno vivibile per i residenti e un progressivo declino. È così?

È evidente che per De Santis gli unici turisti che vanno bene sono quelli che dormono nei suoi alberghi. Ma, per quanto riguarda le case vacanza, non so se mentre sorseggiano i loro preziosi the, si siano mai detti che sono regolate da leggi di Enti gerarchicamente superiori che noi dobbiamo applicare. Magari ne discutano su una bella e ampia terrazza romana o milanese.

Alla presentazione del libro sulle visioni per una Como futura si è anche parlato di pensare a una città che dovranno abitare le prossime generazioni. Lei quale visione ha?

I visionari continuino pure a incontrarsi nei loro foyer e a condividere le loro visioni, ma stiano tranquilli. C’è qualcuno con i piedi ben saldati a terra che sta guidando Como verso un futuro tutt’altro che psichedelico. E per quanto riguarda tutti questi imprenditori che si ritrovano amorevolmente, fatico a trovare azioni concrete con i proventi dei loro affari in favore della città che non siano luci sparate sui palazzi tali da fare impallidire Disneyland, contrariamente a degli indonesiani che stanno massicciamente investendo in una città non loro. Una cosa buona sarà dare la cittadinanza onoraria agli Hartono così, finalmente, potremo vedere imprenditori comaschi che investono per il bene del loro territorio e non solo per il proprio.

Ma quindi non c’è neanche uno da salvare?

Alcuni sì. Ad esempio ad una persona di Rebbio sono grato e si chiama Gianluca. Ha regalato a Como una Coppa del mondo e, quando ha potuto, per la sua città qualcosa di concreto lo ha fatto (ovviamente parla di Zambrotta, ndr).

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