«C’è chi torna e chi arriva: così cambiano i frontalieri»

L’intervista L’accordo fiscale tra Italia e Svizzera ha rimescolato le carte del mondo del lavoro attraverso i due confini. Andrea Puglia del sindacato Ocst spiega cosa sta accadendo: «Ma i più pagati preferiscono vivere in Ticino»

Dentro un confine che appare sempre più come un confine fisico e politico e sempre meno come un limite per lo spostamento delle persone - pur in presenza di due Stati con leggi e monete diverse, quali sono la Svizzera e l’Italia - non poteva certo passare inosservato lo studio dell’Ufficio di Statistica Cantonale dal titolo accattivante “I flussi tra residenti e frontalieri: quanto sono duraturi i cambi di residenza?”.

Domanda che giriamo ad Andrea Puglia, responsabile dell’Ufficio Frontalieri del sindacato Ocst, ricordando che lo stesso Ufficio di Statistica Cantonale ha posto l’accento sul fatto che con l’entrata in vigore dell’accordo fiscale del 2023 sarà importante dar corso ad un “monitoraggio continuo dei movimenti transfrontalieri”.

Come è la situazione?

Il dato oggettivo che è tra la fine del 2020 e il luglio 2023 (il 17 luglio è entrato in vigore il nuovo accordo fiscale tra Svizzera e Italia, ndr.) moltissime persone residenti in Svizzera si sono rivolte a noi per valutare un ritorno o comunque un trasferimento in Italia. Un fenomeno che ha coinvolto anche persone di nazionalità svizzera. Il motivo è presto spiegato.

Ed ha a che vedere con la firma e la successiva entrata in vigore del nuovo accordo fiscale, che ha pensionato la granitica intesa del ’74, ristorni a parte (garantiti sino al 2033)?

Proprio così. Con la firma del nuovo accordo era iniziata a circolare l’informazione in base alla quale nel giro di un paio d’anni la nuova intesa sarebbe entrata in vigore, bloccando i termini per potersi ancora trasferire in Italia ed essere inquadrati come frontalieri con il vecchio ordinamento fiscale ovvero con la tassazione esclusiva del reddito in Svizzera.

Dunque c’è chi ha deciso di anticipare le mosse, seguendo il suo ragionamento e trasferirsi in Italia prima che cambiassero le regole d’ingaggio.

Sì, è corretto. Questa considerazioni di fondo hanno accelerato il fenomeno soprattutto da parte di chi aveva già preso in considerazione questa ipotesi. Sicuramente per quanto concerne l’importante afflusso di persone dalla Svizzera verso l’Italia ha inciso anche il vertiginoso aumento oltreconfine dei costi della “Cassa Malati” (l’Assicurazione sanitaria obbligatoria, ndr.). E’ la prima ragione per cui queste persone hanno deciso di compiere questo passo.

A buon diritto si può sostenere che per gli spostamenti “di confine” c’è una linea di demarcazione segnalata dall’entrata in vigore della nuova intesa fiscale. Ovvero si è creato un pre e un post 17 luglio. E’ così?

Dal 17 luglio in poi il fenomeno si è invertito, nel senso che questo forte afflusso di persone dalla Svizzera verso l’Italia si è fortemente rallentato in quanto con il nuovo sistema di tassazione è diventato meno conveniente fare il frontaliere, soprattutto per chi aveva già un nucleo di interessi nella confinante Confederazione e una casa in Svizzera. Al contrario stiamo notando che diversi nuovi potenziali frontalieri che ricevono un’offerta di lavoro in Ticino tendono a prendere maggiormente in considerazione un permesso di dimora di tipo B.

C’è una sorta di “identikit” di questi nuovi frontalieri che scelgono di trasferirsi in Svizzera? Fenomeno peraltro ben perimetrato anche dallo studio dell’Ufficio cantonale di Statistica?

Si tratta soprattutto di persone con salari importanti, che in Italia pagherebbero parecchie tasse. Fenomeno che interessa in modo ancor più marcato persone che provengono da relativamente lontano, tenendo come riferimento il confine e che quindi anche per fare i frontalieri avrebbero dovuto mettere in conto il costo di un affitto o comunque di una casa, non potendosi recare direttamente al lavoro dall’abitazione in cui risiedevano prima. Queste persone tendono a prendere in considerazione il permesso “B” e spesso finiscono per accettare l’offerta di lavoro in Ticino, diventando dimoranti nel Cantone stesso.

Di sicuro tutto ciò rappresenta un cambiamento radicale e non solo in ambito lavorativo.

Di fatto, in questi casi chi fa questa scelta deve già mettere in conto il costo di un affitto. E la scelta sempre più di frequente appare quella di trasferirsi oltreconfine, alle condizioni citate poc’anzi, pagando dunque l’affitto in Svizzera, dove comunque i costi sono più alti dell’Italia. Preferiscono dunque investire quello che perderebbero in tasse come “nuovi” frontalieri nella “Cassa Malati”, che comunque è un servizio costoso, ma che funziona. A questi aspetti si aggiunge anche uno stile di vita più equilibrato, potendo arrivare al lavoro più freschi, senza l’annoso problema del traffico lungo la frontiera.

E’ già possibile quantificare questo nuovo fenomeno in termini numerici?

E’ ancora presto per avere dati oggettivi. L’Ufficio di Statistica Cantonale fa bene a lavorare su queste nuove dinamiche. Alla fine del prossimo anno sarà possibile avere dati concreti. Nel frattempo basandoci su quella che è la nostra esperienza possiamo confermare questo nuovo fenomeno. Del resto era uno degli obiettivi che il Cantone si poneva andando a sottoscrivere questo nuovo accordo sulla tassazione dei frontalieri.

In che senso?

A livello generale, l’obiettivo era rendere un po’ meno appetibile la figura del frontaliere, andando a spostare queste persone sul suolo svizzero, convincendole a trasferirsi oltreconfine. Un residente in Svizzera per il Cantone è più conveniente sia sotto un profilo strettamente tributario in quanto i nuovi frontalieri pagano l’imposta in Svizzera all’80%, mentre un residente la paga al 100% sia perché un residente tende a spendere il proprio reddito maggiormente sul suolo svizzero tra affitto, “Cassa malati” e i costi legati al quotidiano.

Dunque, tornando ai dettami del nuovo accordo fiscale, la “doppia tassazione” ha mutato le regole d’ingaggio lungo i due lati del confine.

Come già rimarcato qualche tempo fa al vostro giornale, il nuovo meccanismo di tassazione è sicuramente più severo rispetto a quello previsto in passato, nonostante la franchigia di 10 mila euro ottenuta grazie all’azione incisiva del sindacato. Ora stiamo assistendo a questo nuovo fenomeno, innescato da tanti professionisti, soprattutto - ripeto - quelli che in Italia godono di un buon salario, che accettano l’offerta di lavoro oltreconfine, ma nel contempo si trasferiscono a vivere sul territorio svizzero.

© RIPRODUZIONE RISERVATA