Disoccupazione in calo in Svizzera, ma la situazione resta peggiore rispetto a un anno fa

I numeri Un lieve miglioramento rispetto a marzo, però non basta. Se si guarda al 2022, il numero dei senza lavoro è cresciuto del 18,1%

Secondo i rilevamenti effettuati dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO), nella Confederazione svizzera la disoccupazione ha due volti, uno che sorride e uno che fa il broncio. Il motivo? I diversi valori della disoccupazione in calo e in aumento a livello mensile e annuale, confrontato all’anno precedente a quello in corso.

Secondo i numeri resi noti dalla Segreteria di Stato dell’economia, alla fine di aprile 2024 erano infatti iscritti 106.957 disoccupati agli elenchi degli uffici regionali di collocamento (URC), valore che corrisponde a 1.636 in meno rispetto al mese precedente.

L’analisi

Questo significa che il tasso di disoccupazione è diminuito dal 2,4% nel mese di marzo 2024 al 2,3% nel mese di aprile. Detto ciò, però, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, il 2023, il numero di disoccupati è aumentato di 16.423 unità, numero che corrisponde a +18,1%.

A questo proposito, vanno considerate anche le conseguenze che il non avere un lavoro comporta sulle vite degli svizzeri. Tra le tante conseguenze da analizzare, una riguarda il peso dell’impegno economico per assolvere al pagamento della ormai notissima cassa malati e un’altra quello per assolvere agli obblighi fiscali tanto più gravosi, questi impegni, quanto ovviamente più bassi sono i redditi anche se per chi non ha reddito ci sono speciali tutele.

Micheal Kuhn dell’istituto Comparis analizza i due fronti dopo che studi portati avanti per lo stesso ente hanno evidenziato che una persona su sei ha dovuto chiedere soldi agli amici per pagare le tasse o ha ricevuto un provvedimento di esecutività.

L’interpretazione

«Per le famiglie con arretrati, le imposte vengono al primo posto in termini di frequenza, prima delle casse malati. Le persone con vincoli finanziari hanno anche un tasso di difficoltà superiore alla media nel pagare le tasse. Secondo la nostra analisi – spiega Kuhn - l’8% delle persone a basso reddito erano più spesso della media incapaci di pagare tutte le tasse e avevano uno o più recuperi debiti. Per i redditi da 4.000 a 8.000 franchi era del 3%, per i redditi più alti del 2%. In generale, i giovani fino a 35 anni hanno maggiori probabilità rispetto alla media di aver chiesto sostegno finanziario ad amici o familiari per pagare una o più imposte». Spostando l’attenzione da tutta la Svizzera ai cantoni, quello ticinese se la passa meno bene dei vicini di casa in termini di stipendi ricevuti. E anche questa è una sensazione che trova conforto e conferma proprio nell’esame delle cifre. I dati di Comparis dicono infatti che i residenti in Canton Ticino, visto dagli italiani come una sorta di moderno Eldorado, hanno più difficoltà a gestire le spese quotidiane rispetto ai compaesani degli altri cantoni.

«Il salario medio in Ticino è inferiore, ad esempio, a quello della Svizzera tedesca e allo stesso tempo – aggiunge Kuhn - il carico fiscale è nettamente superiore alla media dei cantoni svizzeri. Ciò spiega in parte perché i ticinesi hanno maggiori probabilità degli svizzeri di lingua tedesca di non riuscire a pagare tutte le imposte o di avere debiti fiscali».

Altra difficoltà riguarda gli svizzeri che sono già in pensione e che decidono di trasferirsi in Stati più convenienti dal punto di vista fiscale e con un costo della vita meno caro e più sostenibile con le pensioni che percepiscono nella Confederazione, come la Spagna e anche l’Italia. «Ci sono molti motivi per lasciare la Svizzera in età avanzata e trasferirsi in un altro Paese. Il fatto è che, ad eccezione del 2017, dal 2016 il numero degli svizzeri residenti all’estero aumenta ogni anno.

Il gruppo degli svizzeri residenti all’estero di età superiore ai 65 anni è quello in più rapida crescita. Uno dei motivi è il costo della vita più basso in altri Paesi – conclude l’esperto - o il “migliore” rapporto qualità-prezzo oppure ci sono più prestazioni con meno soldi».

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