«Il cliente ha un problema? In una piccola impresa sa di trovare la soluzione»

Luigi Sabadini, titolare della Trafilerie di Valgreghentino. «La forza delle realtà di minori dimensioni sta in un rapporto diretto»

«Il dato più interessante che arriva da una fiera come Fornitore Offresi riguarda la sempre maggior predisposizione delle piccole realtà della meccanica nel presentarsi al mercato andando oltre la sola presentazione del prodotto. I piccoli hanno compreso l’importanza di investire per aprirsi anche sull’estero», afferma il presidente di Unionmeccanica-Confapi, Luigi Sabadini, imprenditore lecchese titolare dell’azienda Trafilerie di Vargreghentino.

I piccoli continuano ad essere convinti che l’estero sia un territorio commerciale più adatto a imprese grandi e strutturate?

In questo senso le cose stanno cambiando. La parte più interessante che è emerge fra i piccoli della meccanica è la proiezione verso i mercati esteri, anche se a livello nazionale non è una realtà diffusa come si potrebbe pensare. È una predisposizione che trova applicazione pratica certamente in Lombardia, ma uno sguardo più nazionale non confermerebbe questa tendenza. Le imprese attive nella nostra regione hanno sviluppato nel tempo una particolare capacità di relazione con l’estero. Fornitore Offresi è un esempio di tutto ciò: la capacità di mostrarsi al mercato non è così scontata, così come non lo è il saper spiegare quello che si sta facendo, oppure dimostrare di essere in grado di indirizzare gli sforzi commerciali anche a mercati che non sono quelli locali, regionali o ancora al mercato domestico.

Tutto questo invece sul nostro territorio sta accadendo ma le piccole realtà della meccanica continuano ad avere bisogno di supporto?

Sì, ma il sostegno non manca. Ci sono politiche da tempo attivate sia dalle associazioni sia, in modo molto efficace, dalla Camera di commercio. Mi riferisco soprattutto alle iniziative soprattutto di incoming fra imprese locali e buyer esteri, iniziative che negli anni hanno portato risultati positivi.

Su quali capacità di fondo le pmi della meccanica possono far leva per distinguersi dalla concorrenza sull’estero?

Le pmi del settore stanno già dando prova di sapersi distinguere sul mercato non solo per il prodotto in sé, ma anche per la capacità di saper operare nei tanti aspetti del fare impresa e di saper risolvere i problemi. Questo interessa molti ai partner esteri. I clienti sono alla ricerca di qualcosa di più di una semplice partnership, cercano invece qualcuno che sia in grado di risolvere insieme al cliente determinati problemi. Nelle nostre aziende questa capacità la si trova.

Le piccole imprese sono disposte ad attendere, prima di vedere risultati, i tempi lunghi che spesso comporta la semina di nuovi investimenti sull’estero?

Sia chiaro: non è che a un’azione corrisponda immediatamente un esito positivo, ma il fatto che le aziende investano sull’estero è un dato positivo.

Tanti non lo farebbero se il mercato interno andasse bene?

Sì, tuttavia ciò comporta ad ogni modo una crescita perché rende necessario rivedere e cambiare le competenze e il modo di relazionarsi coi mercati. Mi riferisco sia alle competenze linguistiche sia al fatto di dover apprendere come presentare l’azienda: aspetti non così scontati nelle pmi, concentrate su un’attenzione spasmodica a far bene il proprio lavoro in officina, mentre si considera il resto come un di più. Non è un di più e per fortuna le piccole imprese lo stanno capendo. Affrontare il mercato estero necessita della capacità di raccontarsi, ma si può considerare che non c’è nulla da inventare, né di inventato da chi invece ha già avuto successo: le buone pratiche a cui guardare non mancano e si possono utilizzare adattandole al meglio alla propria realtà.

I dati Istat sulla produzione industriale non incoraggiano nuovi investimenti, le imprese preferiscono attendere tempi migliori. Cosa fanno i piccoli della meccanica?

In questi mesi domina il segno “meno”, ma in proposito preferisco rispondere quando avrò i dati congiunturali che proprio in questi giorni sono in via di elaborazione da parte dell’ufficio studi di Unionmeccanica.

Com’è il rapporto fra i piccoli della subfornitura e le grandi imprese?

Questo è il problema principale della categoria: i piccoli sono considerati un po’ troppo come ammortizzatore dei grandi. Le difficoltà di programmazione a medio termine delle grandi realtà viene scaricato sui piccoli che nell’operatività e negli ordini vengono bloccati oppure sollecitati ad accelerazioni che non riescono a seguire.

Le piccole imprese stanno percependo il blocco del Mar Rosso?

Sì, più che percependo lo stanno subendo. L’aumento dei costi è stato immediato, visto che la parte dei noli e delle assicurazioni è esplosa immediatamente con l’inizio della crisi e il blocco della navigazione attraverso il Canale di Suez in quell’area. E al problema dei costi dovuto all’enorme allungamento della tratta per evitare il blocco si aggiunge quello dei ritardi che si stanno accumulando lungo la filiera. Dobbiamo ricordare quello che si diceva durante il Covid: mai più filiere lunghe. E invece siamo ritornati a quella stessa situazione, con fabbriche di rilievo che si fermano perché non hanno i componenti che devono arrivare dall’altra parte del mondo. Si è tornati a comprare in Asia perché il vantaggio dei costi prevale su tutto, non abbiamo imparato nulla.

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