C’è, al mondo, una grave carenza di leadership. Ne avevamo avuto il sospetto assistendo alle imprese di Buonanno, piuttosto che alle intemerate del Di Battista, alle entrate in tackle della Boldrini e ai dribbling logici di Renzi, ma tutto sommato potevamo pensare che si trattasse di un problema italiano e che il resto del mondo fosse, più o meno, in mani sicure.
Non è così e non lo dico io (altrimenti sareste autorizzati all’istante a voltar pagina): lo dice un signore che si chiama Alan Dershowitz, il quale insegna Legge all’università di Harvard ed è uno dei massimi esperti mondiali sul conflitto arabo-israeliano. Per me è come dire esperto di fisica nucleare, vista la complessità nella materia.
In un suo recente intervento pubblico - in caso contrario non lo saremmo mai venuti a sapere e lo avrebbe sentito solo la cameriera, abituata peraltro alle “tirate” del professore da non dar più loro ascolto -, in un suo intervento, pubblico, dicevamo, Dershowitz ha fatto notare come, all’orizzonte, non si vedano gli equivalenti «dei Churchill e dei Roosevelt». Al massimo, questa l’osservazione del docente americano, «si individuano burocrati e personalità affascinanti». Laddove con «affascinanti» non si intende un complimento: piuttosto, si identificano dei chiacchieroni di professione, dei sobillatori patentati e degli abili venditori di se stessi.
Questo per quanto concerne la politica. Diverso il discorso per il mondo dell’economia, degli affari e dell’impresa dove, al contrario, negli ultimi anni sono emerse personalità consistenti tra le quali, secondo Dershowitz, la più rilevante porta il nome di Bill Gates. Il professore sostiene che è assolutamente necessario “travasare” un po’ delle qualità degli uomini d’affari negli uomini della politica. Io, lontano miglia e miglia da Harvard, dico per esperienza vissuta che a volte i professori sbagliano anche quando, in teoria, hanno ragione.
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