Abbasso il pluralismo

Abbasso il pluralismo

Ricordate? Ruby "Rubacuori" è andata da Alfonso Signorini e ne è uscito un quadro desolante di degradazione, compromessi, abusi e vaniloqui. Poi, anche Ruby ha avuto modo di dire la sua.
Per quanto l’apparizione televisiva sia stata criticata, denunciata e da più parti derisa, si è trattato comunque di un’intervista, tecnica alla quale, incredibile a dirsi, siamo sempre meno abituati. Quando Masi, direttore generale della Rai, telefona in diretta a Santoro lo fa, a suo dire, in difesa del pluralismo, ovvero per «dissociarsi» da una trasmissione nella quale il medesimo, sempre secondo la sua opinione, manca. Gli dà man forte, in questo, la convinzione che il pluralismo sia un bene: è lo è, certamente, ma il direttore ha difeso, per la precisione, il "pluralismo televisivo", che è altra cosa. Ovvero, quel presunto valor democratico che dovrebbe appartenere ai talk show in cui gli ospiti vengono selezionati in base alle opposte appartenenze ideologiche. Il pluralismo, dunque, fiorirebbe laddove regnano l’invettiva, la frase interrotta, gli opposti assiomi, le strillate parzialità. Se è così, vuol dire che, ormai, consideriamo "democrazia" la stagnazione derivante dall’opporsi uguale e contrario di opinioni diverse e largamente inverificabili. Un rischio, quello della palude mentale, che le interviste ben fatte scongiurerebbero. Ma quello, si sa, è giornalismo. Ultimamente, va di più la «comunicazione».

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