Lo so: è un mio difetto. Faccio ammenda. A volte - spesso, direi - riverso sugli animali un affetto e un trasporto che sarebbero meglio diretti verso i “colleghi” umani. Non riesco a farne a meno: troppo spesso gli animali mi appaiono vittime non tanto della nostra grettezza o intolleranza intellettuale, ma anche e soprattutto della stupidità, della banale idiozia che, a vari livelli, domina e dirige le nostre azioni. È difficile trattenere l’acquolina in bocca davanti a una bistecca o a un pollo ben cotto e, tuttavia, ogni volta dovremmo ammettere che ciò può accadere solo a prezzo della rimozione di un’aberrazione: “coltiviamo” vite per poterle uccidere e mangiare. Non lo facciamo con l’idea dello stretto sostentamento. No: “coltiviamo” vite in massa per procedere ad ammazzamenti di massa.
Ma da quell’oceano indistinto di creature che finiscono, fatte a pezzi, sulla nostra tavola, è difficile distillare un sentimento: manca un qualcosa di personale. La vastità della nostra ferocia contro gli animali deve venir raccontata in un episodio singolo. In questi giorni, l’episodio singolo si chiama giraffa Marius. Domenica scorsa, nello zoo di Copenhagen è stata uccisa una giraffa che i visitatori conoscevano, appunto, come “Marius”. Non è stato un incidente: la giraffa Marius è stata uccisa, hanno spiegato i responsabili dello zoo danese, per la necessità di ridurre i rischi di endogamia, ovvero di riproduzione tra esemplari “parenti” stretti, circostanza che indebolisce i discendenti. Per questa ragione, Marius è stato ucciso pubblicamente, davanti ai visitatori dello zoo (tra cui, raccontano le foto, alcuni bambini) e, sempre pubblicamente, fatto a pezzi e gettato ai leoni.
Il tutto tra le proteste degli animalisti di mezzo mondo ma in un’atmosfera di perfetta trasparenza scientifica, di illuminata assennatezza, di distaccato umanitarismo. Un atteggiamento che voleva far passare chi protestava per sentimentale, irrazionale e, in ultima analisi, ignorante. Purtroppo, nel mio caso, hanno ragione: sono ignorante. Ma almeno non sono danese.
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