Nonostante Gustave Flaubert abbia scritto sul tema un romanzo particolarmente riuscito, rimango dell’opinione che la parola definitiva in fatto di adulterio venga da Ennio Flaiano: «Il traffico ha reso impossibile l’adulterio nelle ore di punta».
Un lampo in grado di illuminare non solo la pratica del tradimento coniugale, ma anche il mito dell’automobile, individuando tra i due il minimo comune denominatore del borghese annoiato.
L’analisi di Flaubert e il genio di Flaiano non possono però impedire che l’adulterio sia ancora molto discusso (e, immagino, largamente praticato), anche se in termini, dati i tempi e le intelligenze, più triviali.
Di recente è emersa una mappa realizzata trafugando i dati di un sito di “appuntamenti clandestini”. Senza farla lunga (ho le mie buone ragioni per non voler dimostrare troppa dimestichezza con l’argomento), risulterebbe che le città più infedeli d’Italia siano Milano e Napoli.
Non saprei (e neppure vorrei) lanciarmi in un’improbabile indagine sulla ragione per cui queste città ospiterebbero la più alta percentuale di coniugi infedeli. In verità neppure credo ci sia una ragione: quando c’è un comportamento diffuso, da qualche parte dev’essere per forza più diffuso che da un’altra. È una faccenda statistica alla quale risulta ben difficile appiccicare qualche speculazione sociologica.
L’unica considerazione che si può azzardare è più nostalgica che razionale: l’adulterio online mi sembra abbia privato la nota pratica dell’ alibi di cui ha goduto per tanti secoli. Sarebbe a dire la sua imprevedibilità, ovvero l’attentato ai sensi indotto da uno sguardo, un sorriso, un’occasione non cercata ma che ci investe (quasi) nostro malgrado. Accendere il computer e iscriversi a un sito di “incontri clandestini” è invece un atto del tutto sordido perché premeditato.
Un doppio adulterio: tradiamo noi stessi prima della moglie o del marito.
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