Agente maltrattato

L’uscita di “Spectre”, il nuovo film della serie 007, annunciata per il prossimo 5 novembre, mi rallegra per più ragioni. La prima è che Sky ha riattivato il canale cinema tematico: tutto James Bond 24 ore su 24; per me, un luna park che non chiude mai: grottesco come tutti i parchi giochi, eccessivo, ridicolo, ma in fondo molto divertente.

Un’altra ragione sta nel rinascere della speranza che Bond - in servizio, nei libri, dal 1953 e al cinema dal 1962 - si decida finalmente a fare causa al suo datore di lavoro: il governo britannico.

Senza contare i tentativi di sopprimerlo portati da nemici e arci-nemici , non c’è infatti dipendente pubblico più bistrattato e mobbizzato del povero James. In 24 film - 26 contando i “non ufficiali” “James Bond 007 - Casino Royale” (1967) e “Mai dire mai” (1983) - l’agente britannico salva il mondo almeno altrettante volte, ricavandone l’affetto di occasionali accompagnatrici ma mai - ribadisco: mai - la riconoscenza del suo Paese.

L’abbrivio è sempre lo stesso: in una sorta di prologo (prima dei titoli di testa, per tradizione inguardabili) Bond combatte da solo contro un paio di eserciti e distrugge un deposito o due di armi chimiche. Alla ripresa della storia - convocato nell’ufficio di M, il capo dei servizi segreti - viene però trattato con sufficienza: «Bond, dove diavolo era finito?». Oppure: «Le sembrava il caso di parcheggiare un sottomarino nucleare in doppia fila?»

Mai un accenno all’impresa appena compiuta o al miracoloso salvataggio del globo terracqueo ottenuto nel capitolo precedente. Tutt’altro: in più occasioni la licenza di uccidere gli viene ritirata e quasi sempre, prima di venir buttato nella mischia per evitare il peggio, si trova costretto ad affrontare “test di valutazione” che hanno, evidentemente, l’unico scopo di mandarlo in pensione.

In conclusione: mai impiegato fu più efficiente e meno apprezzato. Bond dovrebbe essere eletto a simbolo di ogni lavoratore precario e negletto. Apprezzato non mescolato, please.

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