I ricercatori che s’impegnano nello studio della psiche umana sono certamente meritevoli di ogni elogio. Qualche volta, però, al loro lessico gioverebbe un certo affinamento. Faccio un esempio.
Uno studio vorrebbe mettere a punto e divulgare una strategia psicologica che consenta a chiunque di «riprendere il controllo» dopo essere incappato in un «evento stressante». È proprio a questo punto che mi sono fermato a riflettere: che cosa si intende esattamente per «evento stressante»? Tutti possiamo elencarne a braccio quattro o cinque, giusto i primi che vengono in mente: un litigio con un familiare, un incidente stradale, la constatazione di un problema medico, il rimanere vittima di un reato, come il furto o la rapina.
Non c’è dubbio, questi sono «eventi stressanti». Addirittura, aggiungerei che sono «eventi molto stressanti» perché in realtà, ogni giorno e a ogni ora, veniamo sottoposti i ad altri eventi che, meno drammatici, non sfuggono tuttavia alla definizione di «stressante».
Questo perché vivere è, a tutti gli effetti stressante: sul lavoro, in famiglia, ovunque. Viviamo in un sistema fatto di impegni e di responsabilità e il far fronte agli uni e alle altre, sempre, senza mai un momento di tregua, è per definizione stressante.
Gli «eventi» cui fanno riferimento i ricercatori sono, semmai, «traumatici»: esperienze violente, pivotali, accadimenti che all’improvviso mettono in discussione la nostra intera struttura psicologica. E tuttavia anche le esperienze semplicemente «stressanti» ci modellano e ci cambiano: in modo meno esplosivo, ma con altrettanta incisività.
Da ultimo, ecco il consiglio dei ricercatori per superare le esperienze traumatiche - e forse anche quelle stressanti -: pensare ai bei tempi andati, evocare ricordi felici. In altre parole: ingannare noi stessi inventando un tempo fantastico - e impossibile - in cui lo stress non era lì, al nostro fianco.
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