Alla ricerca di un’immunità. Ma non di gregge

Si litiga, e si litigherà sempre, sul numero dei tamponi, sull’indice Rt, sul significato di “asintomatico”, sui titoli accademici di Ilaria Capua e sui provvedimenti di governo e Regioni, ma ormai anche i più cocciuti tra noi si saranno resi conto che la maledizione del Covid, dopo aver ricaricato le velenose batterie per buona parte dell’estate, sta tornando più desolante che mai.

Non sono del tutto certo che ci sia altrettanta consapevolezza delle conseguenze di questo ritorno e io per primo devo fare violenza su me stesso per accettare, o almeno considerare, i probabili scenari che ci aspettano. Certo, al momento siamo alle prese con la rinuncia alla partitella del giovedì e con i problemi logistico-organizzativi legati alla figliolanza che un po’ studia in classe, un po’ studia a casa e un po’, inevitabile tendenza dell’età, non studia affatto, ma con l’accorciarsi delle giornate il carico psicologico che ci toccherà portare sulle spalle aumenterà parecchio.

Non vorrei che queste righe suonassero quale incitamento alla depressione ma, anche senza considerare l’aspetto concreto, e dunque drammatico, dell’epidemia (i ricoveri, le terapie intensive, i timori per gli anziani e, purtroppo, i decessi) e le altrettanto severe ricadute sull’economia, per bene che ci vada saremo costretti ad affrontare ancora una volta lo stillicidio quotidiano dei numeri che salgono e scendono, corredati spesso da distinguo di lana caprina forniti da assessori e commissari straordinari, consiglieri e ministri, sottosegretari e funzionari dell’Oms.

Fotografie statistiche della realtà che, per quanto già vaghe e sfocate, verranno poi ulteriormente inquinate nei talk -show, dove ognuno prenderà il dato che più gli conviene per attaccare la parte avversa ed esalterà il trend che meglio si presta a sostenere la fazione amica.

La realtà stessa diventerà imprecisa, nella sua riproduzione mediatica, perché sempre più spesso vedremo collegamenti da remoto, facce ingigantite dalle telecamere dei computer, traballanti a causa della connessione lenta, e accompagnate da audio rimbombanti, fuori sincrono, distorti. In queste approssimazioni dovute alla tecnologia domestica troviamo riproposta in chiave simbolica tutta la confusione, il panico diffuso e, diciamolo pure, la cialtroneria a briglia sciolta che caratterizza questa fase storica.

Accade come accadeva davanti allo scenario del terrorismo: alcuni di noi sono direttamente coinvolti, da vittime o da operatori al fronte, la maggioranza rimane sullo sfondo ad assistere, ma anche a lasciarsi travolgere dal Gran Brusio delle notizie e dei commenti, dei bollettini ufficiali e di quelli sottobanco, delle dichiarazioni formali e dei pissipissi più o meno irresponsabili, uscendone (quando ne usciremo) rinforzati soltanto nei pregiudizi, aggrappati a povere “verità” di comodo, inveleniti contro chi non si riconosce nel quadro delle cose che ci siamo dipinti per farle sembrare meno ignote e spaventevoli.

Ecco, oltre a essere prudenti e osservare le misure di prevenzione, in questi mesi il nostro compito sarà anche quello di cercare un’immunità allo sciocchezzaio che ci aspetta. Un’immunità non certo di gregge. Al contrario: di veri individui responsabili.

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