Allarme Charles

C’è grande agitazione tra gli studiosi di Charles Dickens. Un’agitazione che rasenta l’orgasmo. Cronache febbrili riferiscono di alcuni professori che, perso il controllo, avrebbero inarcato un sopracciglio, pare addirittura due, e che un docente universitario si sia ritrovato nella necessità di bere due bicchierini di cherry a fine pasto. Tanto subbuglio non si registrava negli ambienti dickensiani da quando una copia rilegata di “Barnaby Rudge” cadde sull’alluce gottoso del rettore di Oxford. D’altra parte, non c’è da stupirsi: la novità che ha investito il mondo accademico è davvero straordinaria.

Riferisce il quotidiano “The Guardian” che un fortunato commerciante in libri d’antiquariato è incappato nella collezione completa della rivista “All Year Around”, pubblicazione curata dal 1859 al 1895 dallo stesso Dickens. Fin qui, niente di straordinario: raccolte integrali della rivista sul mercato non mancano affatto. Questa, però, è speciale. Si tratta infatti della collezione personale del grande scrittore. Lo si deduce dalle annotazioni a margine, nelle quali Dickens rivela chi sono gli autori di centinaia e centinaia di articoli apparsi in forma anonima. Si scopre così che, tra gli altri, anche un’autrice del calibro di Elizabeth Gaskell collaborò a “All Year Around”.

Per me, tuttavia, l’importanza della storia non sta nell’apprendere che la Gaskell scrisse per Dickens. Piuttosto, è illuminante scoprire come una vecchia pubblicazione ritrovi linfa e interesse una volta che se ne scopre la vita segreta. Forse così dovrebbero fare, oggi, i giornali: rivelare a tutti la rete di contatti, pressioni, trattative, discussioni, litigi, attribuzioni, esperimenti e passioni che ne determina la confezione quotidiana. Un modo, forse l’unico, per liberarsi dall’idea di mistero e sospetto che oggi li circonda. I giornali, in realtà, sono fatti da uomini e, soprattutto, dalle loro interazioni: renderle evidenti non può che essere di beneficio per rilanciare sopite speranze. Come avrebbe detto Charles: “Great expectations”.

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