Alle armi

Alle armi

Visto che qui sul fronte occidentale non c’è nulla da segnalare, l’economia va bene, il lavoro anche, la politica non parliamone e, a livello sociale, non si sente volare una mosca, tutto sommato dobbiamo accogliere la notizia di un possibile corpo a corpo con l’Iran come una liberazione: finalmente succede qualcosa.

Già si sente, virtuale ma non troppo, il sibilo dei missili; le portaerei hanno lasciato l’ormeggio e qualcuno osa prevedere che, questa volta, ci lasceranno giocare perfino con le armi nucleari. Il parapiglia con la Libia è stato il passatempo di un’estate: quella con l’Iran si annuncia invece come una guerra vera, con la diretta Cnn dei bombardamenti (ricordate le lucine verdognole della contraerea che sprizzano sullo sfondo nero?), gli esperti militari in tv e un plastico di Vespa grande come una casa, anzi come un campo di battaglia. D’altra parte, questo Ahmadinejad le ha tutte: è filo-nazista, indossa una giacchetta smorta, ha un nome impronunciabile, nasconde l’uranio e siede su una quantità di petrolio. Potrebbe fare il cattivo in un film di James Bond.

Per noi occidentali depressi dalla crisi potrebbe essere l’occasione buona per ricordare a tutti che siamo ancora in grado di combinare qualcosa. Con la guerra non si sbaglia mai: riattiva la circolazione, rilancia l’economia e cancella ogni  problema. Così potremmo far vedere al mondo chi veramente siamo. Meglio ancora, potremmo non far vedere al mondo chi veramente siamo.

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