Almeno un po'

Anniversari, ricorrenze e commemorazioni hanno un valore per quanta partecipazione ognuno di noi decide di includervi, altrimenti sono soltanto coincidenze del calendario. Oggi, di queste coincidenze ne capita una grossa: i 70 anni dal bombardamento atomico di Hiroshima. Domenica, ovvero il 9 agosto, ci sarà un'altra di queste coincidenze: il bombardamento atomico di Nagasaki. Converrà tenere questi due episodi separati, così da avere presente che, sotto le bombe, si trovarono due città e centinaia di migliaia di vite. Altrimenti, si rischia di considerare Hiroshima-Nagasaki come un tutt'uno aneddotico e di continuare a guardare quella tragedia - sembra incredibile accade da 70 anni - dalla parte di chi ha tirato le bombe e non da quella di chi le ha prese in testa.

Bisognerebbe poi stabilire che l'impiego delle atomiche sul Giappone fu un crimine bello e buono. Un crimine di guerra, senza dubbio, ma anche un crimine senza inutili specificazioni: un crimine e basta, ovvero un delitto grave, un'azione inumana. Il fatto che nessuno sia stato processato o condannato in relazione a quella scelta politica e militare non comporta alcuna assoluzione: al contrario, sta a significare che il criminale l'ha fatta franca. Per ironia della sorte, oggi a fare da arbitro sulle armi nucleari nel mondo si trova proprio l'unica nazione che ha avuto il rivoltante coraggio di usarle. La flebile scusa che le atomiche avrebbero contenuto il numero di vittime della guerra anticipandone la fine è oggi ridicola: la resa del Giappone salvò molte vite americane, questo sì, ma a prezzo dello sterminio indiscriminato di vite giapponesi: bambini, anziani, malati e disabili inclusi. Insomma, sarà forse inutile ricordare i 70 anni delle bombe atomiche e leggere i tanti interventi pubblicati dai giornali, i mille libri che usciranno, i servizi in tv e le rubrichette come questa, se non riusciremo a sentirci almeno un po' schifati di appartenere all'umanità.

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