Altezza Duomo

«(ANSA) - MILANO, 22 GIU - Sono stati denunciati due dei tre coreani trovati in piazza del Duomo, stamani, a Milano, mentre pilotavano un drone che poi è finito contro un cavo d’acciaio del cantiere della guglia maggiore. Si tratta di un 39enne e di un 35enne indagati per danneggiamento aggravato dal valore storico del monumento. Nella caduta infatti il piccolo apparecchio ha rotto la lampadina di un faretto delle terrazze del Duomo».

Potrebbe essere il classico choc culturale, o anche il fatto che, rispetto alla Corea (patria della Samsung, dopo tutto), l’Italia sconta un ritardo tecnologico, ma pilotare oggetti volanti sopra (o addirittura contro) i monumenti storici da noi non è ancora consentito. A Seul, magari, è tutto un ronzare di droni, a Milano ancora no.

Più che giustificarsi, i coreani hanno dichiarato l’ovvio: «Volevamo girare immagini dall’alto». Non assolvo i dronisti orientali ma, per onestà, bisogna dire che la fascinazione per la prospettiva rialzata, lo sguardo a volo d’uccello, l’occhio che guarda da sopra, non è esclusiva loro. Perfino il compianto Robin Williams, professore dell’“Attimo fuggente”, esortava gli allievi a salire sul banco: voleva considerassero le cose da una prospettiva diversa.

Lo sguardo che abbraccia l’orizzonte, la città che si fa piccola, il silenzio delle vette: tutto ci spinge a salire. Laddove c’è un grattacielo, una torre panoramica o un’ascesa naturale non troppo impegnativa, si troveranno turisti che fanno la fila, coppie in cerca di elevazione fisica e spirituale, perdigiorno che, nel perdere il giorno, preferiscono farlo a centinaia di metri sul livello del mare. Fa pensare, questo desiderio di ascesa, a quanto deve essere insopportabile, per molti, la vita rasoterra, ad altezza d’uomo, anziché ad altezza Duomo.

Dell’arte si dice che, quando è grande, “eleva” lo spirito. Non solo: nel finale di “Miracolo a Milano” i “barboni” decollano a cavallo delle scope dei netturbini, droni preistorici, oggetti volanti identificati dalla fantasia.

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