Alto tradimento

A quanto pare, quello dell'Aquila è stato un terremoto tutto da ridere. Se ne erano accorti per primi due imprenditori, Francesco Piscitelli e Pierfrancesco Gagliardi, il secondo cognato del primo a testimonianza del fatto che quella con i fratelli del coniuge è la parentela più inquietante, i quali, parlando di “'sta roba del terremoto” si spronavano ridacchiando ad agire “perché non ne capita mica uno al giorno”. Ora scopriamo che il prefetto Giovanna Iurato spese due lacrimucce finte alla cerimonia per le vittime della Casa dello Studente, per poi, al telefono, rivelare una disposizione d'animo molto più gioconda.

Strali e indignazione toccarono agli uni, strali e indignazione tocca all'altra. Anche il sottoscritto gradirebbe unirsi al coro di riprovazione. Purtroppo, vittima di quel poco di autocritica che ancora gli resta, deve riconoscere che, nelle conversazioni private, la gente non non si comporta quasi mai come suole fare in pubblico. Da giornalista, posso testimoniare del fatto che, a volte, la categoria cui appartengo ostenta un cinismo applicato a fatti di cronaca anche dolorosi che, preso fuori contesto, apparirebbe quantomeno stridente.

Una considerazione che però non basta a frenare la spontanea indignazione suscitata dalle parole del prefetto Iurato. Evidentemente, qui, c'è qualcosa di più profondo e di più grave della sguaiataggine di un professionista che, in privato, si permette di scherzare su una tragedia. In tempi tanto difficili, in cui le figure pubbliche hanno tanto spesso fallito nel rappresentare e tutelare la collettività, l'intercettazione del prefetto suona come una prova di alto tradimento, ovvero la conferma che “lorsignori” se ne sbattono e, anzi, ridono delle nostre disgrazie. Mai, in nessuna circostanza, il prefetto poteva aspettarsi comprensione per il suo errore: oggi deve accollarsi anche il disprezzo di chi, attraverso la sua gaffe, scopre, accanto alle rovine materiali del Paese, le macerie morali della sua classe dirigente.

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