L’incipit è proprio quello di un romanzo della migliore fantascienza. O, ancora meglio, di un film.
La macchina da presa avanza in una tormenta di neve fino a una casamatta nella steppa. Interno giorno: un uomo dall’aria stanca, la barba di tre giorni, ascolta distratto i segnali emessi dalle cuffie acustiche che porta schiacciate alle orecchie. Sbadiglia, e allunga la mano alla bottiglia di vodka, nella quale rimane ormai solo un dito di liquore. D’un tratto, la sua faccia si anima di un’espressione incredula. Non è possibile! Frenetico, regola l’apparecchio collegato alle cuffie. Si tratta di un radiotelescopio in grado di radioscrutare nell’universo fino a distanze immense. L’uomo non ha più dubbi. Trema mentre compone il numero e balbetta nel riferire ai superiori: ha appena captato un segnale proveniente da un pianeta lontano 95 milioni di anni luce. Lassù qualcuno vuole comunicare con noi.
La scena è romanzata, romanzatissima, ma non tradisce l’essenziale: un radiotelescopio russo ha annunciato di aver intercettato nello spazio un segnale inedito . Proverrebbe da un pianeta distante, appunto, 95 milioni di anni luce.
Il mondo scientifico ha reagito con un misto di esaltazione e prudenza. Tante e tali possono essere le interferenze nello spazio (dai raggi cosmici a Radio Maria) che è giusto pretendere delle verifiche. Intanto, però, a noialtri tocca posizionarci. Come accogliere questa notizia? Io credo che, come ormai su tutto, ci divideremo. Ci saranno innanzitutto coloro che (con la parola più cretina di sempre) qualcuno definirà “buonisti”: ovvero coloro che accetteranno la presenza extraterrestre ispirandosi al soave film “Incontri ravvicinati del terzo tipo”. Altri aderiranno invece al modello “Alien” , mettendoci in guardia contro i forestieri spaziali, che potranno essere solo brutti, feroci e pieni di malattie. «A casa loro!», dunque. L’unico problema sarà quello di riportarli a 95 milioni di anni luce da Ponte Chiasso.
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